Due stelle si fondono. Miniera d'oro nello spazio

Eccezionale rilevazione: le onde gravitazionali viaggiano alla velocità della luce. Lo scontro fra le stelle dà ragione ad Einstein

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Roma, 17 ottobre 2017 - Il 17 agosto scorso per le persone comuni è stata una giornata come tante, semmai più afosa del dovuto (almeno nel nostro emisfero) per via delle alterazioni del clima sul pianeta, ma per 3500 scienziati sparsi in tutto il mondo fra osservatori e centri di ricerca, alle 14,41 di quel giorno è cominciata una nuova era. Un evento storico ha entusiasmato ed eccitato gli animi, grazie a una scoperta presentata ieri al mondo in tre conferenze stampa simultanee a Roma, Washington, Garching (Germania).

Due stelle di neutroni, corpi celesti ad altissima densità, si sono scontrate e fuse a 130 milioni di anni luce di distanza dalla Terra, producendo non solo onde gravitazionali ben percepibili ma anche onde elettromagnetiche. Sono due fatti eccezionali in uno: per la prima volta le onde gravitazionali non sono scaturite da un sistema binario di buchi neri e per la prima volta è stato osservato, in simultanea, un lampo di luce sotto forma di raggi gamma (e in seguito radiazioni di altro tipo). In aggiunta, è stato finalmente svelato uno dei misteri dell’astrofisica: dall’esplosione sono scaturiti anche metalli più pesanti del ferro, come l’oro e il platino, per cui si è subito parlato di “miniera d’oro nello spazio” (per quanto fra i metalli dispersi ci sia anche il piombo, materia poco nobile secondo i parametri della società umana).

Quanto osservato il 17 agosto costituisce la prova che le onde gravitazionali viaggiano alla stessa velocità della luce ed è anche la dimostrazione che la mente umana è capace di strabilianti prestazioni, visto che Albert Einstein aveva previsto tutto oltre un secolo fa. La sua teoria delle relatività generale includeva sia la presenza di onde gravitazionali nell’universo – cioè vibrazioni che producono increspature nello spaziotempo – sia la persuasione che queste viaggino alla stessa velocità della luce. Fra il 2015, quando le onde gravitazionali sono state osservate per la prima volta, e il 17 agosto 2017, “la più bella delle teorie” ha quindi ottenuto il conforto più importante, ossia la verifica scientifica attraverso l’osservazione.

La scoperta dello scontro fra le due stelle è stato uno straordinario lavoro di squadra di respiro internazione, con un decisivo coinvolgimento del nostro paese.

Tutto è cominciato con la rilevazione delle onde gravitazionali da parte di Ligo e Virgo, gli osservatori gemelli collocati negli Stati Uniti (il primo, con due distinte stazioni) e a Càscina, in provincia di Pisa (Virgo). Quest’ultimo, in virtù del suo orientamento, ha permesso di localizzare nell’universo la fonte di emissione, in una zona periferica della galassia denominata NGC4993. Meno di due secondi dopo il satellite “Fermi” della Nasa registrato un’emissione di raggi gamma, confermata a distanza di pochi decimi di secondi dal satellite “Integral” dell’Agenzia spaziale europea. L’informazione è stata subito trasmessa ad oltre settanta fra telescopi a terra e osservatori spaziali, che hanno cominciato a esplorare la porzione dell’universo da cui provenivano le onde, osservate per circa cento secondi. Gli occhi più acuti e potenti messi a disposizione da scienza e tecnologia hanno scrutato le profondità dello spazio portando a un’autentica rivoluzione nell’astronomia.

Al fine di illustrare ai profani la portata e la natura eccezionale dell’evento, l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) ha spiegato che lo scontro fra le due stelle di neutroni è avvenuto «abbastanza vicino da poterlo osservare con numerosi strumenti» e che la collisione «ha generato un’esplosione astronomica definita kilonova, cioè mille volte più luminosa di una nova classica». Le stelle erano «più massicce del Sole, ma non più grandi della città di Washington (o della città di Milano)» ed avevano una densità tale che per averne un’idea «possiamo immaginare – parole di Paolo D’Avanzo dell’Inaf e autore con Elena Pian di un articolo pubblicato ieri da “Nature” – l’intera umanità compressa in una zolletta di zucchero».

Per gli scienziati il “fuoco d’artificio” spaziale dell’estate scorsa ha sancito la nascita dell’«astrofisica multimessaggero», ossia la possibilità di “vedere” e “ascoltare” un evento lungo frequenze e segnali diversi. «Ci sono rare occasioni in cui uno scienziato ha la possibilità di assistere a una nuova era – ha commentato Elena Pian – e questo è uno di quei momenti».

L’Italia è stata coinvolta nel lavoro di squadra in molti modi, soprattutto con Virgo e con il gruppo di lavoro Grawita che ha utilizzato, fra gli altri, i telescopi Rem e Vlt collocati in Cile e il Nordic Optical telescope delle isole Canarie. Oltre a D’Avanzo e Pian, hanno firmato articoli usciti su “Nature” e “Nature Astronomy” anche Stefano Covino, Eleonora Troja, Luigi Piro. «Il nostro ente – ha detto il presidente dell’Inaf, Nichi D’Amico – è l’unico al mondo che possiede al suo interno tutte le risorse intellettuali e strumentali per osservare l’universo in tutte le sue lunghezze d’onda».