Giovedì 25 Aprile 2024

"Profughi, un'arma puntata contro le democrazie". L'esperta: funziona tre volte su quattro

Per Kelly Greenhill, professoressa alla Tufts University e autrice di 'Armi di migrazione di massa', le maree umane sono una vera e propria opzione militare ad alto tasso di efficacia.

Migranti al porto

Migranti al porto

ROMA, 21 marzo 2017 - "I migranti possono essere utilizzati come un’arma e quando succede nel 75 per cento dei casi chi lo fa ottiene qualcosa dagli Stati che vengono minacciati". Per Kelly Greenhill, professoressa alla Tufts University e autrice di 'Armi di migrazione di massa' (in libreria dal 30 marzo per i tipi della Leg), le maree umane sono una vera e propria opzione militare ad alto tasso di efficacia.

Come funziona questa tattica? "Ci sono due strade. La prima è quella di mandare in tilt la capacità di accogliere i rifugiati, la seconda è quella di influenzare la volontà degli Stati-bersaglio ad accettare i migranti. Quello che sta succedendo in Europa è un classico esempio del primo caso e questo fa capire come mai le minacce della Turchia alla Ue di ‘aprire i rubinetti’ abbiano portato a rapide concessioni da parte dell’Unione".

Quanto è efficace questa arma? "Quando si tratta di manipolare l’opinione pubblica, l’81 per cento dei bersagli sono le democrazie liberali. Gli Stati europei, per fare un esempio, sono un obiettivo ideale: molto spesso hanno firmato trattati o hanno approvato leggi che li impegnano a soccorrere chi fugge da violenze e persecuzioni, ma al loro interno ci sono forze politiche che si oppongono strenuamente, per i più disparati motivi, all’accoglienza. E così  fare concessioni, in modo da far sparire il problema, a chi ricatta diventa spesso molto allettante. Dal 1951 chi ha utilizzato questa arma ha strappato qualcosa nel 75 per cento dei casi, come ad esempio nel 1953 quando la Germania Ovest voleva aiuti finanziari dagli Usa, e nel 57 per cento dei casi ha ottenuto tutto ciò che chiedeva, come l’Albania nei primi anni Novanta quando pretendeva dall’Italia derrate alimentari, credito finanziario e altri tipi di assistenza. Una media piuttosto impressionante, visto che la diplomazia Usa ha un tasso di efficacia del 37,5 per cento".

Cosa può fare l’Occidente per evitare di finire in trappola? "Intanto bisogna specificare che non sono sempre gli Stati o i soggetti più deboli a utilizzare questo strumento contro entità più forti. Il caso dell’Europa, dove diversi Paesi Ue hanno sfruttato lo spauracchio-migranti contro altri membri dell’Unione, è esemplare. In ogni caso, non ci sono soluzioni definitive. A volte può essere utile fare delle concessioni, anche se questo può esporre al rischio di ricatti futuri, come è successo negli anni Duemila nello scontro ‘Gheddafi-Ue’. L’altra scelta è quella di intervenire militarmente, ma, proprio come dimostra la Libia, la minaccia non sempre scompare. Oppure si può tentare di influenzare i propri cittadini ad aprire le proprie porte, ma è una strategia di lungo termine, che nel bel mezzo di una crisi spesso è penalizzante".

E chi invece, come l’Ungheria, si chiude a riccio? "C’è anche questa possibilità, ma paradossalmente questa scelta finisce per fare il gioco degli estremisti islamici e aiuta i terroristi a diffondere la loro narrativa su come funziona il diritto alla cittadinanza nelle democrazie liberali". 

Quindi l’Isis potrebbe usare i migranti come un’arma? "Non ci sono prove che lo abbia fatto, ma un ramo del Califfato, quello libico, ha quantomeno minacciato di farlo".

La rimozione di Gheddafi è stata un errore? "Non di per sé. Il problema è che non si è pensato a cosa sarebbe successo una volta eliminato il raìs. I cambi di regime imposto dall’esterno sono sempre rischiosi: la possibilità che emergano nuovi problemi è altissima. È un po’ come tagliare una testa all’idra".

Usare i migranti come un’arma dovrebbe essere considerato un crimine contro l’umanità? "In certe condizioni e in determinati casi sì".