Corea del Nord, l'ombra degli hacker Usa dietro il fallito lancio

La teoria non è nuova, ma è stata rilanciata da un ex ministro degli Esteri britannico: dietro il missile di Pyongyang esploso c'è il sabotaggio cibernetico di hacker di Washington. Anche un consigliere Usa ammette: "Avevamo il controllo prima e dopo il lancio"

Kim Jong Un (Ansa)

Kim Jong Un (Ansa)

New York, 16 aprile 2017  - L'ombra degli hacker Usa dietro il fallimento del test missilistico di questa mattina della Corea del Nord. Il missile, come altri che lo hanno preceduto, è esploso dopo il lancio. E l'ipotesi del sabotato a distanza dagli Stati Uniti attraverso attacchi cibernetici di hacker dell'intelligence non è campata in aria.

La teoria, non nuova e che circola da tempo sul web, è stata rilanciata da un politico conservatore britannico, Sir Malcolm Rifkind, ex ministro degli esteri e della difesa nei governi di John Major. 

Il britannico Telegraph riporta il pensiero del politico sul test fallito: "potrebbe essere fallito perché il sistema non era in grado di portarlo a termine, ma si è portati a credere che gli Stati Uniti, attraverso metodi di cyberguerra, siano riusciti in varie occasioni a interrompere questo tipo di collaudi, facendoli fallire". 

Già dal 2014, su ordine del presidente Barack Obama, gli Stati Uniti hanno intensificato gli sforzi per colpire la capacità missilistica nordcoreana con l'hackeraggio. A conferma di questa ipotesi potrebbe essere letta anche l'uscita di un esperto consigliere della Casa Bianca, oggi con Pence a Seul, che gli Stati Uniti avevano il controllo prima e dopo il lancio fallito.