Migranti, allarme Onu: 20 milioni di africani alla fame

Sarà tsunami umano. Per arginare il flusso servirebbero subito 6 miliardi di dollari

Migranti africani (Ansa)

Migranti africani (Ansa)

Roma, 20 luglio 2017 - Le guerre c’entrano, ma non sono tutto. E da sole non raccontano il dramma di un continente che non riesce a uscire dalle secche di una situazione di stallo storico, che ha già iniziato a riversarsi sull’Europa in termini di pressione demografica e che proietta su di noi ombre sempre più pesanti, in un futuro anche prossimo. L’ultimo grido d’allarme, riportato due giorni fa dal Washington Post , arriva dall’Onu: oltre venti milioni di africani sarebbero a rischio di morte per fame, così che, in qualche modo, saranno costretti a migrare presto verso l’Europa.

Le Nazioni in pericolo sono, secondo l’Onu, principalmente quattro: Nigeria, Yemen, Sud Sudan e Somalia. Una massa enorme di persone. Pensiamo che solo la Nigeria ha quasi 180 milioni di abitanti, tre volte più dell’Italia. «Siamo davanti alla più grave crisi umanitaria dal 1945», ha detto Stephen O’Brien, sottosegretario Onu per gli aiuti umanitari, per «tamponare» la quale servirebbero subito oltre sei miliardi di dollari in aiuti umanitari. «Ma al momento la raccolta effettuata tra stati e privati è arrivata solo a poco più del 40 per cento», lamentano le Nazioni unite. Un grido d’allarme disperato, che rende l’idea della gravità della situazione e del rischio-ondata cui il Vecchio Continente è esposto.

Previsioni nessuno si arrischia a farle ufficialmente, ma i numeri circolano lo stesso. Nell’aprile scorso suscitò un certo scalpore un report riservato del governo tedesco, secondo cui nelle coste africane (e non solo) ci sono 6,6 milioni di profughi in attesa. Ma è l’esame stesso della dinamica dei flussi a preoccupare, sotto vari aspetti, non ultimo quello della sicurezza: solo qualche giorno fa era stato il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, a ricordare che l’ultima ondata di sbarchi poteva «costituire una minaccia al nostro Paese».

I flussi, dicevamo, colpiscono nella loro dinamica: gli arrivi dei migranti in Italia erano 4.400 nel 2010, sono saliti a 181mila lo scorso anno, dovrebbero toccare 220-250mila quest’anno. Un’escalation esponenziale. Ed è l’Italia ad assorbire il grosso del traffico. Basti pensare che dei 97mila migranti arrivati in Europa nei primi mesi del 2017, ben 83mila sono sbarcati sulle nostre coste, 9mila in Grecia e 4mila in Spagna. Come dire, prego accomodatevi. Se il ritmo di crescita sarà lo stesso, e se non si farà niente sarà così, ci dobbiamo aspettare un’invasione. Nel 2017 giungeranno migranti quaranta volte in più di quanti ne erano arrivati sette anni fa.

D'altra parte parliamo di persone che nel loro paese vivono condizioni di gravissima difficoltà, difficoltà che non si risolvono da anni e che pongono l’emigrazione come unica soluzione. La Nigeria, per esempio, che è il paese dal quale giungono in Italia più persone, ha un reddito pro-capite di 2.800 dollari a differenza dei quasi 30mila italiani, il Bangladesh, seconda nazione per sbarchi dei migranti tocca 2.100 dollari, il Sud Sudan 1.400, la Somalia si ferma addirittura a 600 dollari.

La situazione economica negli Stati africani dai quali si muove il flusso demografico è pesantissima, i cambiamenti climatici e le guerre rendono difficile ogni intervento umanitario. Non è poi portando il reddito nigeriano da 2.800 dollari a 5mila che si convinceranno le persone a non venire da noi, ma l’inazione di tutti gli Stati più evoluti provoca ugualmente disastri. «Aiutiamoli a casa loro», il refrain di Renzi e Salvini non è sufficiente. L’alto tasso di corruzione e l’instabilità politica rendono il più delle volte inutile il semplice invio di aiuti. Servirebbero più che mai una visione e una politica estera, ma nell’epoca della politica liquida, della morte degli Stati e dello stesso concetto di interesse nazionale quasi nessuno ce l’ha. Tantomeno l’Italia.