Mercoledì 24 Aprile 2024

Attentato Manchester, il flop degli 007. "Attacco prevedibile"

Il generale Piacentini, alto funzionario dell'Aise: "L'intelligence britannica ha lavorato male"

Attentato a Manchester, la città blindata

Attentato a Manchester, la città blindata

Roma, 24 maggio 2017 - Generale Luciano Piacentini, già comandante delle forze speciali del Col Moschin e alto funzionario dell’Aise (il controspionaggio estero), lunedì sera la rete dell’intelligence britannica ha rivelato buchi vistosi?

«Sì, se n’erano già visti due mesi fa con l’irruzione del Suv sul ponte davanti al Parlamento di Westminster che fece tre vittime. Il fuoristrada è arrivato e l’uomo al volante ha fatto quello che ha voluto. Le previsioni di possibili attentati in quel posto ci stavano tutte».

I precedenti nel Regno Unito

In concreto che cosa si poteva fare all’Arena Stadium di Manchester?

«La gente che arriva la disponi a settori e dentro a ognuno collochi gli addetti alla vigilanza. Poi si piazzano metal detector agli accessi. Alla messa funebre per il pontefice Karol Wojtyla furono schierati anche alcuni tiratori scelti, che non erano visibili, e cani antiesplosivo».

Era prevedibile un attacco dei terroristi in Inghilterra?

«È stato contestuale, guarda caso, al viaggio del presidente Donald Trump. L’attentato è stato puntuale come un orologio svizzero. La Gran Bretagna è il Paese europeo più vicino agli Usa».

Per l’autoproclamato Califfo al Baghdadi era l’occasione imperdibile per un segnale di respiro planetario?

«Il messaggio è di questo tenore: stiamo perdendo in Medio Oriente, ma ci siamo ancora. Il cancro che si trova sulla via della sconfitta in Iraq e in Siria ha metastasi in Europa».

Senza contare poi che fra meno di un mese nel Regno Unito si vota.

«Appunto. I terroristi hanno sempre avuto fra i loro obiettivi quello di creare confusione nel ceto politico dell’Occidente e di attrarre proseliti. L’attentato aumenta il disorientamento in un Paese già scosso dalla Brexit. Poi c’è un altro elemento».

Quale?

«In Siria militavano nelle file dell’Isis poco meno di 800 combattenti britannici. Almeno trecento sono tornati nel Regno Unito. Le metastasi create in Europa debbono essere alimentate da qualcuno. Chi meglio dei cosiddetti foreign fighters? In Germania dietro il massacro al mercatino di Natale c’era un’organizzazione».

Salman Abedi, ritenuto l’autore della strage di Manchester, è nato in Inghilterra. Il padre è un esule libico. Il giovane, come sempre, era noto alla polizia.

«Significa che negli organismi di sicurezza c’è qualche vulnerabilità. In Italia abbiamo il Casa, il Comitato analisi strategica antiterrorismo. In quella sede c’è uno scambio di informazioni fra le forze dell’ordine, compresi gli agenti della polizia penitenziaria, e i servizi di intelligence. Il Casa è stato costituito nel 2003 subito dopo l’attentato di Nassiriya. Uno dei suoi provvedimenti più frequenti è che una persona venga dichiarata non grata e quindi espulsa. Non dico che sia la panacea, ma tante cose sono state evitate. L’inventore del Casa fu il prefetto Carlo De Stefano, all’epoca direttore dell’Ufficio Centrale per le Investigazioni Generali e le Operazioni Speciali. La valutazione di pericolosità dell’individuo sotto esame non è nelle mani di una sola organizzazione, ma condivisa. Questo gli altri europei non lo fanno».