Libia, Sabrata passa di mano. "A rischio l'accordo Tripoli-Roma sui migranti"

Scontri, morti e caos sulla costa. Ahmed Amu Dabbashi, detto lo zio, il miliziano che controllava la città (e che secondo voci poi smentite dal ministro degli Interni Minniti era pagato dall'Italia per fermare le partenze dei migranti) è fuggito con un corteo di una decina di auto L'indiscrezione: "Milizia Dabbashi cacciata grazie ai francesi"

Libia, morti in un naufragio al largo della costa di Sabrata (foto Afp)

Libia, morti in un naufragio al largo della costa di Sabrata (foto Afp)

Bologna, 6 ottobre 2017 - Avrebbe bruciato la propria abitazione, distrutto documenti e informazioni sensibili, dato fuoco a quattro automezzi pesanti  con attrezzature belliche ed è fuggito con un corteo di una decina di auto Ahmed Amu Dabbashi, detto lo zio, il miliziano che controllava la città di Sabrata in Libia e che secondo voci poi smentite dal ministro degli Interni Minniti era pagato dall'Italia per fermare le partenze dei migranti. Da giorni la città di Sabrata, nella Libia occidentale, è al centro di scontri con decine di morti mentre mille persone sono fuggite. Nell'alternarsi di notizie, sempre incerte sul fronte libico, l'esercito del governo riconosciuto di Al Serraj era al centro dei combattimenti contro le milizie ma la situazione si è ribaltata nelle ultime ore.

La 'Sala operativa' anti-Isis, considerata vicina al generale Khalifa Haftar, infatti  avrebbe preso il controllo dell'intera città di Sabrata: questo almeno sostiene una fonte libica in visita a Roma e anche secondo quanto riferisce il sito Africagatenews. La fonte della 'Ghorfat amaliyet' ha precisato che le milizie avversarie, quelle di Dabbashi e i resti delle Brigate di Bengasi, sono "totalmente crollate" e ora la 'Sala operativa' gestisce la sicurezza nella città costiera. Lo scontro fra le due milizie è in corso da circa tre settimane ed ha causato almeno quasi cento morti e, secondo ricostruzioni di media libici, è dovuto ad attriti sulla lotta al traffico di esseri umani. A Sabrata la situazione è molto critica: le milizie in fuga, fra l'altro, avrebbero minato diverse zone intorno alla città.

Sempre secondo la fonte libica a Roma ora le formazioni militari vicine ad Haftar puntano su Zuara, un'altra delle zone dove partono i migranti. Ahmed Dabbashi, il miliziano in fuga, si sarebbe rifugiato presso una formazione che a sua volta lavora con la Guardia costiera libica contro il traffico di esseri umani. 

Dabbashi comanda un clan di Sabrata, composto da 500 persone, che fino ad oggi controllava i tre principali campi di detenzione per i migranti nella zona, si era dichiarato favorevole all'interruzione del traffico in cambio di un riconoscimento politico ed economico. E' anche questo  aspetto, dietro al quale  ci sono forti interessi, che scatenato una lotta di potere nella città.

Intanto da Roma parla Abdelrahman Swehli, presidente dell'alto consiglio di Stato libico,  che ha incontrato il ministro degli esteri Angelino Alfano.

"Il governo di unità nazionale di Tripoli sta intervenendo per risolvere gli scontri a Sabrata e limitare la presenza armata verso un cessate il fuoco e già da ieri la situazione ha cominciato a migliorare". A Sabrata, cittadina libica a ovest di Tripoli da metà settembre al centro di scontri tra milizie rivali, "la situazione è degenerata, ci sono stati tentativi di sfruttare la situazione, ma ora è in via di risoluzione per contenere gli scontri e ridurre l'impatto sulla regione".  

Ma che succederà ora? C'è il rischio che nella confusione riprendano le partenze massicce verso l'Italia? Secondo il giornale inglese Guardian è una possibilità concreta: "L'accordo tra l'Italia e la Libia per bloccare il traffico di essere umani è a rischio fallimento, a causa prima di tutto degli scontri tra le milizie a Sabrata".

Ora le carte sono di nuovo nel mazzo mentre risuonano colpi di mortaio e raffiche di mitra sulla costa. L'incognita, almeno per l'Italia, è capire se tutto ciò andrà ad incidere bene o male sul traffico di migranti che si è attenuato negli ultimi due mesi. E va sempre tenuto presente un fatto: in Libia nulla è mai come sembra.