Giovedì 18 Aprile 2024

Gerusalemme capitale d'Israele, Trump: "Sposto l'ambasciata". Palestinesi in rivolta

Attesa reazione araba. Abu Mazen: "Pericolose conseguenze", e telefona a Putin e al Papa. Fazioni pelestinesi: "3 giorni di collera". Casa Bianca: "Trump domani l'annuncio: Gerusalemme capitale di Israele". Spostamento non prima di 6 mesi

Washington, 5 dicembre 2017 - La portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders, conferma quanto anticipato dal NYT: il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele da parte degli Stati Uniti dovrebbe essere annunciato domani dal presidente americano Donald Trump. Una decisione destinata ad accrescere la tensione in tutto il Medio Oriente. Secondo l'agenzia Wada Donald Trump ha già informato con una telefonata il presidente palestinese Abu Mazen della "sua intenzione di trasferire l'ambasciata degli Stati Uniti" da Tel Aviv a Gerusalemme.

Anche se Trump sembra intenzionato a lasciare la diplomazia Usa a Tel Aviv ancora sei mesi, firmando la sospensione del "Jerusalem Embassy Act", la legge approvata dal Congresso nel 1995. L'agenzia Bloomberg fa notare che Trump si è allineato, almeno per altri sei mesi, ai suoi predecessori, Bill Clinton, George W. Bush e Barack Obama, che però non hanno mai dichiarato Gerusalemme capitale dello Stato ebraico.

Abu Mazen avrebbe risposto a Trump avvertendolo delle "pericolose conseguenze di una decisione del genere sul processo di pace, la sicurezza e la stabilità nella regione e nel mondo", ha riferito portavoce presidenziale palestinese Abu Rudeina all'agenzia stampa. Abu Mazen ha anche ribadito che "non ci può essere nessuno Stato palestinese senza Gerusalemme est come capitale, in conformità con le risoluzioni di legittimità internazionale e l'iniziativa di pace araba". E che, continua il portavoce: "Il presidente continuerà i suoi contatti con i leader mondiali per prevenire azioni inaccettabili".

Forti le pressioni degli alleati, dalle cancellerie europee a quelle dei paesi arabi, contrari alla decisione. Secondo la Cnn è anche in atto una discussione interna allo staff di Trump che starebbe valuntando come controbilanciare l'iniziativa tenendo conto anche delle istanze dei palestinesi. Anche per questo motivo l'ambasciata resta a Gerusalemme altri sei mesi. Lo riportano fonti dell'amministrazione Usa.

Da più parti, nei corridoi del Dipartimento di stato e all'interno della comunità di intelligence Usa, e anche dentro la stessa  l'amministrazione l'impressione è che "Trump stia scherzando con il fuoco". Ad opporsi sarebbero soprattutto i vertici dell'ufficio per gli affari del Vicino Oriente del Dipartimento di stato e gli ambasciatori della regione. Finora però nessuna presa di posizione ufficiale da parte del segretario di Stato Rex Tillerson.

Il presidente americano, dopo aver chiamato Abu Mazen, ha telefonato anche il capo di Stato egiziano Abdel Fattah al Sisi per informarlo della decisione. Sisi ha riaffermato "la posizione immutata dell'Egitto sul fatto che lo statuto giuridico di Gerusalemme va preservato". Contatto anche tra Trump e il re di Giordania, Abdullah II, che lo ha criticato: "Questa decisione avrà ripercussioni pericolose sulla stabilità e sulla sicurezza del Medio Oriente".

Stesso pensiero de re del Marocco, Mohamed VI, che in qualità di presidente del Comitato di Gerusalemme (ramo dell'Organizzazione per la cooperazione islamica) che rappresenta 57 Paesi e oltre un miliardo di musulmani, ha scritto al presidente americano per comunicargli "la profonda preoccupazione degli Stati arabi e dei musulmani sull'intenzione di riconoscere Gerusalemme come capitale d'Israele e trasferirvi l'ambasciata degli Stati Uniti". 

Invece Abu Mazen, dopo il contatto con Trump, ha telefonato al presidente russo Vladimir Putin informandolo "sulle minacce per la città di Gerusalemme". Secondo la Wada il presidente palestinese ha aggiornato Putin sulla telefonata con Washington e ha detto al numero uno del Cremlino che "Occorre muoversi immediatamente per proteggere Gerusalemme e i suoi santuari islamici e cristiani che sono esposti a rischi". Il presidente avrebbe anche contattato Papa Francesco.

"Tre giorni di colera" è l'iniziativa a cui hanno aderito tutte le fazioni palestinesi, da mercoledì a venerdì, per protesta contro la volontà di Donald Trump di trasferire l'ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme. La politica di Washigton è stata definita "un ricatto". L'appello: "Chiamiamo tutto il nostro popolo in Israele e nel mondo a raccogliersi nei centri delle città e di fronte alle ambasciate e consolati israeliani con l'obiettivo di portare la generale rabbia popolare".

Lo spostamento dell'ambasciata Usa da Tel Aviv A Gerusalemme segnerà "il supermato di ogni limite" da parte degli usa. Questo il duro commento di Hamas alla preannunciata decisione del presidente Usa Donald Trump. Il leader di Hamas, Ismail Haniye ha avvertito gli Usa che il trasferimento dell'ambasciata Usa e quindi il riconoscimento di Gerusalemme quale capitale dello Stato 'ebraico' sarebbe "un'escalation pericolosa" che oltrepassa "ogni linea rossa che fornirà copertura al governo estremista (del primo ministro Benjamin) Netanyahu per portare avanti il suo piano per 'giudaizzare' la città di Gerusalemme".

Sempre Hamas da giorni minaccia di rilanciare l'intifada. E il sistema di difesa israeliano si sta già preparando per una "possibile violenta" rivolta palestinese. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan avverte Donald Trump: il riconoscimento rappresenterebbe "una linea rossa per i musulmani" e potrebbe portare alla rottura delle relazioni diplomatiche della Turchia con Israele. Anche il presidente francese Emmanuel Macron ha espresso la sua "preoccupazione". Da parte sua il governo di Israele ribatte alle critiche: "Gerusalemme è la capitale del popolo ebraico da 3.000 anni e la capitale di Israele da 70, che sia riconosciuta o meno da Erdogan".  Intanto si apprende che Trump avrebbe telefonato anche a Netanyahu.

"Sarebbe la fine del processo di pace"

LA PALESTINA - I palestinesi non hanno dubbi: la decisione Usa decreterà la fine dello sforzo americano di rilanciare il processo di pace. Come sottolinea Nabil Shaath, stretto collaboratore del presidente palestinese Abu Mazen: "Non accetteremo più la mediazione americana, non accetteremo più la mediazione del signor Trump, sarà la fine del ruolo svolto dagli americani in questo processo". Shaath ha inoltre reiterato l'avvertimento sulle reazioni arabe all'eventuale decisione americana: "Non so se questo provocherà violenza, ma ci saranno senza dubbio manifestazioni popolari ovunque, spero che non ci sarà violenza - ha detto - ma la violenza potrebbe esplodere nel mondo arabo, che non può essere controllato". Sul futuro dei negoziati, il consigliere di Abu Mazen torna a chiedere "una soluzione a due Stati": "Il signor Trump e la sua amministrazione stanno violando questo principio, non rispettano le regole del gioco e noi non faremo il loro gioco".

LA LEGA ARABA - Il segretario generale della Lega araba, Ahmed Aboul Gheit, ha invitato Donald Trump a "evitare qualsiasi iniziativa capace di mutare lo status giuridico e politico di Gerusalemme", sottolineando "la minaccia rappresentata da un tale passo per la stabilità della regione". "Siamo riuniti non per provocare sentimenti ostili ma per mettere in guardia sulle pericolose ricadute di questa fase", ha detto Aboul Gheit in un discorso alla riunione straordinaria dell'organizzazione dei Paesi arabi al Cairo. "È dal 1980 che i presidenti americani succedutisi alla Casa Bianca conoscono la minaccia rappresentata da un tale passo per la stabilità della regione - ha aggiunto - quindi evitate di compiere questo passo".

"La strada? Futura capitale dei due Stati"

FEDERICA MOGHERINI - La questione dello status di Gerusalemme si "risolva attraverso i negoziati". è l'appello dell'Alto rappresentante della politica estera Ue Federica Mogherini. In conferenza stampa a Bruxelles con il segretario di Stato Usa Rex Tillerson, a proposito delle intenzioni del presidente Usa Donald Trump di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele e trasferirvi l'ambasciata americana, Mogherini ha sottolineato che "attraverso i negoziati deve essere trovata una strada per risolvere lo status di Gerusalemme come futura capitale dei due Stati". Così, ha insistito l'Alto rappresentante, "possono essere soddisfatte le aspirazioni di entrambe le parti".

EMMANUEL MACRON -  Anche il presidente francese Emmanuel Macron ha manifestato la sua "preoccupazione" per la situazione in una telefonata questa notte con il presidente Usa Donald Trump. In un comunicato, l'Eliseo ha spiegato che Macron ha detto a Trump che "la questione dello status di Gerusalemme deve avere soluzione nell'ambito dei negoziati di pace tra israeliani e palestinesi". I due presidenti hanno concordato di tornare a parlare "prossimamente" della questione.