Giovedì 25 Aprile 2024

"Veleni oltre Tevere, peggio di prima". Gotti Tedeschi: Francesco tenuto all'oscuro

L'intervista. "Se Bergoglio mi chiama in 12 mesi metto a posto tutto"

Ettore Gotti Tedeschi (Ansa)

Ettore Gotti Tedeschi (Ansa)

Roma, 25 settembre 2017 - «Diciamo che se volessi fare una chiosa amara a tutto quello che vedo, e all’intervista che ho letto stamani (ieri, ndr ) mi viene da dire che non è cambiato niente. Anzi, la situazione è peggiorata». Ettore Gotti Tedeschi di affari interni al Vaticano se ne intende. È stato presidente dello Ior, la banca del Papa, per tre anni, al termine dei quali fu allontanato senza troppe spiegazioni. Segretario di Stato era il cardinal Tarcisio Bertone. «Ma adesso, col passare degli anni, certe cose si comprendono meglio». 

L'ex revisore Milone accusa il Vaticano. La replica: "Indagava illegalmente"

Presidente Gotti Tedeschi, che idea si è fatto delle parole di Libero Milone?

«Io e il cardinale Nicora avevamo, su richiesta di Papa Benedetto, formulato una legge antiriciclaggio riconosciuta persino dall’Organo di Vigilanza europeo e cercato di imporre delle regole, procedure antiriciclaggio e avevamo strutturato l’Organo di Controllo che ne assicurasse l’applicazione (Aif) alla cui Presidenza fu posto il cardinal Nicora stesso. Il Papa firmò il motu proprio di applicazione della legge il 31 dicembre 2012».

Che cosa le chiese Ratzinger?

«Sua Santità era ben conscio dell’importanza di adeguare la normativa alle nuove esigenze di trasparenza internazionali essendo conscio che ignorarle avrebbe potuto compromettere la credibilità della Chiesa che non si occupa di finanza ma di morale. Il Papa voleva che non avessimo più niente da nascondere e non volevamo nascondere nulla. Mi chiese di fare in modo che fosse garantita la massima trasparenza».

E lei lo fece?

«Ci provammo. Ma come sa, la legge venne cambiata, la nostra difesa fu ostacolata, prima fui cacciato io, poi tutta la struttura dell’Aif. Ho l’impressione che la normativa antiriciclaggio modificata non abbia dato grandi risultati, leggendo le vicende di cui mi chiede. Ma chi la modificò, mi pare sia ancora lì. Penso che i problemi che hanno portato all’allontanamento di Milone, persona che non conosco, e alle sue dichiarazioni di oggi possano inquadrarsi in questa prospettiva».

A chi si riferisce?

«Preferisco non fare nomi, ma andate a vedere chi ci mandò via e potrete capire molte cose».

Milone parla anche di un clima ostile verso di lui.

«Ecco, in quella parte non saprei fare valutazioni. La mia esperienza in tal senso è stata ben diversa. Per esempio con il Comandante Giani, che con me fu sempre corretto, ma erano altre circostanze, vicende e tempi. È probabile che dopo sei anni il clima sia cambiato. Ma non posso pensare che il cardinal Parolin possa aver avallato azioni scorrette, comunque la mia considerazione è soggettiva non oggettiva, non ho alcuna informazione».

E in tutto questo, il Papa appare come un uomo solo.

«Sono sicuro che papa Francesco sia in assoluta buona fede. Non lo conosco, non l’ho mai incontrato, ma sono certo che non gliela raccontano giusta».

Ma il sistema economico del Vaticano è così irriformabile?

«No, assolutamente, è riformabilissimo. Io e Nicora ci avevamo provato e c’eravamo quasi riusciti. Basta volerlo».

Se potesse incontrare Papa Francesco che cosa gli direbbe?

«La metto giù con una battuta. Gli suggerirei di chiamarmi, e in 12 mesi gli rimetto tutto a posto. Ma sono sicuro che non accadrà».

Lei è tra i firmatari dell’appello di una sessantina di teologi e personalità della Chiesa nel quale chiedete al Papa di rivedere diversi punti della Amoris Laetitia. Parlate anche di rischio eresia.

«Alt. Il rischio eresia non è assolutamente riferito al Papa. Noi siamo figli della Chiesa, devoti e fedeli al Successore di Pietro. Diciamo che alcune affermazioni della Amoris Laetitia possono dar vita ad atteggiamenti che se messi in mano alle persone sbagliate possono portare all’eresia. Che non è certo del Papa».