Catalogna, l'europarlamentare Tremosa: "Madrid è tornata indietro di 40 anni"

L'economista ed esponente del Cdc: "Continueremo a scendere in piazza a difendere l'autogoverno... E di fronte a una repubblica di Catalunya anche la Ue dirà di sì"

Ramon Tremosa, l'ultimo a destra in prima fila

Ramon Tremosa, l'ultimo a destra in prima fila

Barcellona, 25 ottobre 2017 - Nonostante le bandiere, gli slogan e i sorrisi di mezzo milione di persone per strada, le manifestazioni indipendentisti di Barcellona «non sono più una festa, la gente ora ha rabbia contenuta e tristezza». A parlare è chi in piazza c'è stato, e pure in prima fila accanto al presidente catalano Carles Puigdemont. Ramon Tremosa i Balcells, 52 anni, economista ed europarlamentare di Convergència Democràtica de Catalunya (Cdc), nel gruppo liberal-democratico Alde, ha manifestato contro la sospensione dell'autonomia catalana e contro gli arresti dei due Jordis, i leader indipendentisti Cuixart e Sanchez.

Quali sono le sensazioni della piazza catalanista dopo le decisioni del governo di Madrid? «Non è una festa come le altre volte, quando la gente era contenta di incontrarsi. Ora c'è rabbia contenuta, tristezza per i nostri compagni in prigione. Hanno sempre manifestato pacificamente e in modo non violento, come faceva Marco Pannella. Siamo tristi per questa ingiustizia».

Ma adesso avete anche paura oltre che rabbia? Che cosa potrebbe succedere? «I due Jordis, anche dal carcere, ci chiedono di continuare a rivendicare pacificamente i nostri diritti. Cosa succederà? Dopo l'applicazione dell'articolo 155 e il commissariamento della Catalogna da parte di Madrid, siamo tornati indietro a quarant'anni fa, al franchismo. Noi continueremo a scendere in piazza a difendere l'autogoverno catalano, con uno spirito positivo e non aggressivo».

Non c'è alcuna possibilità di dialogo? «Ogni volta che parla, Puigdemont chiede dialogo. Dal 2004 la Catalogna chiede il dialogo al governo centrale sull'autonomia, ma ha sempre ricevuto il no del Partido popular. Il Parlamento spagnolo ha risposto 18 volte no alla richiesta catalana di fare un referendum!».

Il vostro 'nemico' è soprattutto il Partido popular? «Il Pp ha solo l'8% nel Parlamento catalano. E al Senato, dove Rajoy otterrà il sì alla sospensione della nostra autonomia, i popolari e gli alleati socialisti e Ciudadanos non hanno neanche un eletto in Catalogna. Questa decisione non ha una base democratica nella nostra regione».

E se ci fosse un nuovo leader a Madrid? «Non dipende da noi. Pedro Sanchez, il leader socialista, aveva promesso che avrebbe presentato una mozione di censura contro Rajoy, ma non l'ha mai fatto pur avendo i numeri per farlo insieme a Podemos, ai partiti baschi e a quelli catalani».

Ha citato i baschi. Qualcuno teme l'effetto domino, che anche Euskadi o altri potrebbero seguire la vostra strada. «No. I Paesi Baschi hanno già molta più autonomia della Catalogna, come le Fiandre in Belgio. E poi, dire ai catalani "non fate niente perché altrimenti dopo di voi vengono cinquanta regioni" è come se negli anni Ottanta si fosse detto ai polacchi di non chiedere libertà e democrazia contro il blocco sovietico... Libertà e democrazia non hanno condizioni subordinate. È un argomento inaccettabile».

Da parlamentare europeo, ha intenzione di portare a Bruxelles la questione Catalogna? Che risposte potrebbe avere? «Il Parlamento europeo non deve riconoscere la Catalogna indipendente, sono gli Stati nazionali a dover reagire. La questione non è solo europea, ma ormai ne parla tutto il mondo».

Ma se la Catalogna diventa indipendente, poi ci vuole l'unanimità dei membri della Ue per accettarla nell'Unione... La Spagna dirà di no. «Sono convinto che nel medio-lungo periodo la Spagna cambierà idea, come ha già fatto parlando di una eventuale indipendenza della Scozia. Di fronte a una repubblica di Catalunya voluta dalla maggioranza, cadrà anche il veto di Madrid».

Vorreste una repubblica. Non vi è piaciuto l'atteggiamento della casa reale... «La Catalogna è sempre stata repubblicana. La Scozia indipendente chiederebbe ancora la regina come capo di Stato, perché quella monarchia è rispettosa della democrazia. Invece se si facesse un referendum da noi, solo il 10% dei catalani voterebbe per questo re...».