Giovedì 18 Aprile 2024

Catalogna, il giorno più lungo. Sarà un’indipendenza mascherata

Il presidente Puigdemont in Parlamento con una formula che apre alla trattativa

La manifestazione degli 'unionisti' a Barcellona (Afp)

La manifestazione degli 'unionisti' a Barcellona (Afp)

Roma, 10 ottobre 2017 - È l'ora delle decisioni, e Carles Puigdemont tentenna. Alle diciotto di oggi il presidente della Generalitat catalana parlerà al Parlamento regionale. Il presidente catalano riceve in queste ore pressioni fortissime in opposte direzioni e ieri non aveva ancora sciolto le riserve: potrebbe proclamare il divorzio immediato da Madrid, enunciarlo ma rinviarlo, lasciare che sia il Parlamento a decretarlo, o rinviare del tutto la dichiarazione di indipendenza per avviare una trattativa. Secondo fonti del PPeCat, il suo partito, i liberali catalani che hanno 29 dei 62 seggi della maggioranza di governo, l’orientamento sarebbe quello di fare una dichiarazione «sull’indipendenza», quella «di indipendenza» arriverebbe dopo una mediazione con Madrid per la quale si lascerebbero alcuni mesi di tempo. Secondo altre fonti Puigdemont opterebbe invece per una dichiarazione unilaterale di indipendenza ma la sospenderebbe da subito, altrettanto unilateralmente, per avviare poi una trattativa.    In entrambi i casi non è quello che vogliono l’Esquerra Republicana e soprattutto la Cup, i due partiti della sinistra indipendentista e repubblicana alleati del PPeCat, che chiedono di lasciare subito, e a prescindere, la Spagna. Secondo un documento di 40 pagine sequestrato il 20 settembre al segretario generale della vicepresidenza catalana dalla Guardia Civile, il governo catalano darebbe vita «fino a settembre 2018» a un «esecutivo di transizione» e da allora al 2022 a un «governo di indipendenza» che potrebbe dichiarare l’uscita dalla Spagna «dal giorno della sua costituzione».    Di certo Madrid è determinata a usare tutte le prerogative che le dà la Costituzione. «Prenderemo le misure necessarie. La separazione della Catalogna non ci sarà», ha avvertito il premier Mariano Rajoy, che ieri ha avuto da Angela Maerkel, Emmanuel Macron e Jean-Claude Juncker piene rassicurazioni che nessuno riconoscerà una eventuale Catalogna libera. La Cancelliera tedesca ha esortato Rajoy a «cercare vie di dialogo all’interno della Costituzione». Ma Partido Popular e Ciudadanos non vogliono trattare, se il governo catalano non rinuncia apertamente all’indipendenza.  Il vicesegretario del Partido popular, Pablo Casado, ha avvertito Puigdemont che se dichiara l’indipendenza «rischia di finire» come il suo predecessore Lluis Companys che nel 1934 proclamò una effimera repubblica catalana che durò 11 ore. Le pene vanno da 15 a 25 anni di carcere per ribellione.  Un appello a «fermarsi e a non spezzare la convivenza tra gli spagnoli» è stato rivolto ieri da Pedro Sanchez, segretario del Partido Socialista (Psoe). «Tendiamo la mano per dialogare – ha detto Sanchez – ma appoggeremo la risposta dello Stato di diritto di fronte a qualsiasi tentativo di spezzare la convinvenza tra gli spagnoli».   Barcellona è blindata. L’Assemblea nacional catalana ha esortato i cittadini a scendere oggi in piazza. Il Tribunale superiore di giustizia in Catalogna, l’organo giuridico supremo dello Stato spagnolo nella regione, è protetto dalla polizia spagnola, su richiesta del presidente del tribunale che non si fidava dei Mossos, la polizia catalana. Il Parlamento invece dai Mossos d’Esquadra.  Il sindaco di Barcellona Ada Colau ha lanciato un appello al dialogo. «I risultati del referendum del primo ottobre – ha detto – non possono servire come fondamento per una proclamazione di indipendenza. Chiedo di non procedere con dichiarazioni unilaterali». Colau ha di contro chiesto al premier spagnolo Mariano Rajoy di agire «con responsabilità di Stato», evitando il ricorso all’articolo 155, e di «ritirare immediatamente» le forze di polizia che ha inviato in Catalogna. «Bisogna lasciare la trincea e il linguaggio bellicoso. Non è il momento per uno scontro frontale ma per dialogare. È il momento della mediazione».