Attentato Parigi, secondo flop della app francese che segnala gli attacchi

Come per Nizza, il Saip è rimasto silente. Meglio il sistema utilizzato dall'Unità di Crisi della Farnesina

Il giorno dopo l'attentato a Parigi (Olycom)

Il giorno dopo l'attentato a Parigi (Olycom)

Roma, 22 aprile 2017 - E due. A Nizza entrò in funzione tre ore dopo la strage. Anche in occasione dell’attentato degli Champs Eliseé, l‘app lanciata in pompa magna lo scorso giugno dal governo francese per segnalare ai cittadini francesi un attacco terroristico in corso, non ha funzionato. A chi ha installato il Saip (Systeme d’alerte ed d’information des population) in caso di allarme sarebbe dovuto apparire sugli schermi degli smartphone una pagina rossa con le indicazioni principali sulla natura dell’evento ma invece l’app è rimasta silente e verde con la scritta in francese “Aucun incident en cours”. Meglio, molto meglio il sistema utilizzato dall’Unità di Crisi della Farnesina, che è accessibile anche tramite app (anche, e non solo non è una differenza da poco...) e ha due pilastri: da un lato le informazioni del sito “Viaggiare sicuri“ (che ha schede paese aggiornate sui rischi per i visitatori) e dall’altro la registrazione sul sito “Dove Siamo nel Mondo“.

Farlo, paga. Tutti coloro che si registrano, più i cittadini italiani iscritti all’Aire (l’anagrafe dei cittadini residenti all’estero) in caso di emergenza ricevono infatti uno (o più) sms di allerta o di istruzioni. E’ un sistema gratuito per il cittadino e che si è provato molto efficace. Solo nel 2016 gli eventi di emergenza gestiti dall’Unità di Crisi della Farnesina sono stati 527 e i messaggi inviati decine di migliaia. A “Dove siamo nel Mondo“ sono registrate 700 mila utenze che hanno effettuato 918.589 trasferte (erano state 790 mila nel 2015 e 551 mila nel 2014 e 527 mila nel 2013) 67.311 delle quali di dipendenti di aziende italiane che lavorano all’estero.

Quest’ultimo della registrazione su “Dove Siamo nel Mondo“ dei lavoratori in missione è un comparto in tumultuosa crescita se si pensa che le missioni segnalate erano state appena 7.211 nel 2013, ma 22.715 nel 2014, e 37.925 nel 2015. Naturalmente, molto resta ancora da fare, i numeri hanno un potenziale di moltiplicarsi per 10, ma per una volta il successo dipenderà dai cittadini: più si registreranno al sito, più saranno protetti. E una cosa va tenuta bene in mente. Non è necessario registrarsi solo per il viaggio in Nepal, in Bolivia o in Pakistan. Per la traversata del Sahara o il trekking sulle Ande, o magari la missione in Afghanistan, Iraq o Libia. E’ essenziale farlo anche quando si va in Europa, in città come Parigi, Londra, Nizza, Stoccolma, Berlino, San Pietroburgo (tutte sedi di recenti attentati), in Nigeria o Sudafrica, negli Stati Uniti o in Canada, o nei paradisi tropicali come la Thailandia, le Maldive, la Malesia o l’Indonesia, le isole caraibiche o le Filippine (basti pensare al rischio tsunami o al rischio tifoni o uragani) o esposti al rischio terremoti (dal Messico e l’intero Centroamerica alla Cina e Taiwan; dalla Turchia, all’Iran e al Pakistan; dagli Stati Uniti occidentali al Cile, al Perù e all’intera cordigliera andina) o ai paesi soggetti a epidemie di vario tipo, basti pensare ad Ebola. In altre parole, a maggior ragione dopo le stragi a Nizza e a Stoccolma, nel mondo in ci viviamo non esistono più posti “tranquilli“. Informarsi sui rischi possibili e registrarsi inviando itinerario e numero di telefonino può salvare la vita. Letteralmente.