GIOVANNI SERAFINI

PARIGI, 26 gennaio 2014 - BEPPE GRILLO? «Sgradevole. Un tribuno sfiatato, un ribelle in ciabatte». Matteo Renzi? «Aspetto di vedere: comunque mi piace un uomo che decide e si getta nella mischia». Berlusconi? «Un combattente. Dicono che è finito ma è ancora lì». Conversazione a ruota libera con Marine Le Pen, la donna che ha cambiato l’immagine del Fronte Nazionale, elegante, sicura di sé, pronta a discutere di tutto. Mi riceve nella sede del partito in rue des Suisses, una strada di Nanterre persa in periferia. Tre bandiere francesi dietro il tavolo, una statuetta di Giovanna d’Arco, un gallo in terracotta simbolo della Francia, un berretto da marinaio con scritto ‘Bleu Marine’ accanto alla fotografia di suo padre Jean-Marie: tutto già è detto.

Marine, cosa pensa di Hollande dopo il feuilleton Trierweiler-Gayet?
«Penso che la fiducia e la stima nei suoi confronti sia scesa ulteriormente. La realtà è crudele: Hollande non é un presidente, è solo il capo di un governo tecnico. Si limita ad applicare la dottrina di Bruxelles, non decide niente, non è particolarmente competente. Possiamo solo riconoscergli una certa onestà».

Lei lo ha definito il suo unico antagonista. Ma dove crede di arrivare?
«Dove? Io voglio governare la Francia. Non io personalmente, forse, ma il mio partito. Sono sicura che ci riusciremo nei prossimi dieci anni».

Sicura in base a che?
«In molti paesi europei ci si confronta con una svolta storica che è il ritorno al concetto di nazione. L’impero europeo è orami al termine, tira avanti solo perché la classe politica europea ha paura di soccombere a sua volta. E chi è che difende l’idea di nazione, di patriottismo economico, di protezionismo intelligente, d’indipendenza? Siamo noi del FN. L’euro crollerà, si tornerà alla moneta nazionale e potremo archiviare finalmente i dogmi di Maastricht che ci riducono alla fame».

Lei afferma che il suo è il partito della vera vita. Che significa?
«Gli altri partiti non hanno più contatti con la realtà, non si occupano delle preoccupazioni della gente, inventano strategie nel proprio interesse. Noi invece siamo in presa diretta con le angosce quotidiane ed i problemi delle persone».

Perché non vuole sentir dire che il vostro è un partito di estrema destra?
«Perché questa definizione è un’arma semantica puntata contro di noi. La usano i media avversari per screditarci, per far credere che siamo settari, violenti, estremisti. Poteva forse avere un senso negli anni Ottanta, quando il FN era alla destra della destra. Ma oggi? Destra e sinistra non ci sono più, l’unica discriminante è fra mondialisti e nazionalisti. Noi identifichiamo nella nazione la struttura migliore per assicurare la sicurezza, la prosperità e l’identità di un paese».

Un sondaggio dice che alle europee avrete il 24 per cento, contro il 22 dell’UMP e il 19 del PS. Lei ci crede?
«Possiamo diventare benissimo il primo partito di Francia. Il che dovrebbe aprire una crisi politica imponendo la dissoluzione dell’Assemblea nazionale e la fine della moneta unica. Dopo di noi anche la Germania rinuncerà all’euro e tornerà al marco».

Sarebbe un passo indietro, la fine del sogno europeo.
«Dice? E dove ci ha portato questo sogno? Da almeno dieci anni la zona euro ha la crescita più debole del mondo: è un fallimento, i risultati si chiamano disoccupazione, povertà, deindustrializzazione. Stiamo buttando via miliardi per salvare l’euro. Che cosa si aspetta per cambiare rotta, che i popoli scendano in piazza?».

Gli altri paesi europei non sembrano in sintonia con lei.
«Molti lo sono. Pensi all’Italia di appena due anni fa: gli euroscettici erano praticamente inesistenti. Adesso i sondaggi dicono che i cittadini italiani sono quasi tutti arcistufi dell’euro. Me ne rallegro. All’inizio anche la Lega era europeista: ora è cambiata, c’è una vera intesa fra Matteo Salvini e noi».

Cosa pensa di Beppe Grillo?
«Non mi piace. L’ho trovato estremamente sgradevole nei nostri confronti, e per uno che si proclama antisistema trovo che abbia infilato molto in fretta le ciabatte del sistema. E’ un tribuno sfiatato, un ribelle col piede corto. Trovo incoerente il suo progetto. Il suo non è un partito ma un’eruzione cutanea, un’allergia alla vita politica. E’ stato forse il suo punto di forza all’inizio, adesso è un enorme punto debole».

E Matteo Renzi, il sindaco di Firenze?
«Personaggio molto interessante. Renzi è venuto fuori perché la natura ha orrore del vuoto, e prima di lui a sinistra c’era il vuoto Adesso però voglio vederlo alla prova dei fatti. E’ chiaro comunque che mi piace un uomo che sa prendere delle decisioni, si getta nella mischia e difende le sue idee».

E Berlusconi? E’ un leader ancora in gioco?
«In ogni caso è ancora lì: non so se é credibile o no, ma certo è un combattente. Ha fiuto, è un istintivo, è furbo. Ma il moltiplicarsi degli ‘affaires’ non può non nuocergli: la Storia non offre sempre nuove chances».