Venerdì 19 Aprile 2024

Epatite C, una pillola batte il virus

Cirrosi e trapianto, punti di non ritorno nei soggetti con malattie del fegato. Grazie agli antivirali di nuova generazione, grazoprevir ed elbasvir, sarà possibile debellare l’infezione

Fegato attaccato dal virus dell'epatite c

Fegato attaccato dal virus dell'epatite c

Roma, 16 novembre 2014 - Una sola pillola, una sola volta al giorno, efficace anche sui pazienti più difficili, ben tollerata e con la stessa durata di trattamento per tutte le persone in terapia. In occasione del meeting dell’American Association for the Study of Liver Diseases (AASLD) sono stati anticipati, a Boston, i nuovi orizzonti nel trattamento dell’infezione da epatite C: i dati di fase II su grazoprevir ed elbasvir, antivirali ad azione diretta di seconda generazione, somministrati in combinazione, hanno evidenziato altissimi tassi di risposta a 12 settimane su una popolazione che comprendeva pazienti con cirrosi, co-infettati con HIV o con precedente fallimento alla terapia. La nuova combinazione è risultata efficace anche senza l’aggiunta di ribavirina e rappresenta un passo ulteriore verso regimi interferon-free e ribavirin-free. Nella fase III dello sviluppo clinico le due molecole vengono già studiate come unica pillola in mono-somministrazione.

Il varo delle due nuove molecole rappresenta un decisivo passo avanti verso una cura radicale dell’epatite C, destinata ad allargare la popolazione di pazienti che potranno beneficiare delle terapie e a dare risposta ai bisogni ancora insoddisfatti, anche con le più recenti molecole cosiddette interferon-free di imminente arrivo: regimi terapeutici lunghi, complessi e differenziati nella durata a seconda del tipo di pazienti, efficacia limitata ad alcuni genotipi, categorie di pazienti non eleggibili, resistenza alle terapie e costi non sostenibili per il Sistema sanitario.

«Le opzioni di cui disponiamo, incluse le più recenti, nonostante la loro indiscutibile efficacia, lasciano aperti numerosi problemi: sono attive principalmente contro i genotipi 1 e 4 di HCV, e molto meno efficaci per circa un terzo dei pazienti, quelli con genotipo 2 e 3, e non danno risposte soddisfacenti in presenza di cirrosi compensata e scompensata – afferma Antonio Craxì, ordinario di gastroenterologia all’Università di Palermo – mancano tuttora strategie terapeutiche alternative per i pazienti non responsivi ai regimi interferon-free e a tutto questo si aggiunge il problema della sostenibilità, visto che per queste nuove combinazioni terapeutiche il costo oscilla tra 60 e 90.000 euro per ogni ciclo di cura».

Molti di questi bisogni potranno trovare una risposta con l’arrivo di grazoprevir, potente inibitore della proteasi NS3A/4A, ed elbasvir, inibitore del complesso replicativo NS5A. La loro combinazione, con o senza ribavirina, è stata valutata nello studio di fase II C-WORTHY che ha coinvolto 471 pazienti con infezione da HCV cronica di genotipo 1 tra i quali pazienti difficili da curare, inclusi i pazienti mai trattati in precedenza con cirrosi epatica e pazienti con precedente risposta nulla alla terapia, con e senza cirrosi. I tassi di risposta virologica sostenuta (SVR) a 12 settimane sono stati del 97% per i pazienti naïve al trattamento, non-cirrotici e co-infetti HIV, del 97% dei pazienti naïve al trattamento con cirrosi e dal 91% dei pazienti con precedente risposta nulla, con o senza cirrosi.

«Tutte le categorie di pazienti con HCV cronica trattati con grazoprevir/elbasvir evidenziano tassi di risposta terapeutica almeno del 90%: in pratica significa che in 9 pazienti su 10 il virus scompare, sia nei pazienti con lunga storia di malattia come i cirrotici, sia in quelli con storia più recente e meno severa» afferma Savino Bruno, epatologo di fama internazionale. «Grazoprevir ed elbasvir sono molto efficaci, maneggevoli e ben tollerati e grazie alla loro importante barriera genetica consentono di limitare al minimo l’insorgenza di ceppi virali resistenti. La brevità di questi regimi virali accorcia i tempi della sperimentazione e, se questi risultati verranno confermati, in futuro tutti i pazienti con HCV cronica potrebbero essere curati facilmente e in modo sicuro anche dai medici di medicina generale». Altri dati indicano che la combinazione è sicura e ben tollerata anche per pazienti con malattia renale di grado severo, in emodialisi o con insufficienza renale. Inoltre l'associazione con un'altra molecola in fase di valutazione, MK-8408, inibitore dell’NS5A, rappresenta una chance per i pazienti con problemi di resistenze dopo il fallimento di precedenti terapie. E la ricerca su grazoprevir ed elbasvir non si ferma qui: è in sperimentazione pure la combinazione con MK-3682, che potrebbe aprire la strada ai regimi pangenotipici e ribavirin-free, cioè in grado di trattare anche quelle affezioni virali che, per le particolari caratteristiche genetiche, non vengono cancellate nemmeno dalle cure più sofisticate.

«Uno dei problemi che si pone in un numero significativo di pazienti è il fallimento alle nuove terapie antivirali che determina resistenza all’intera classe di farmaci a cui esse appartengono. Da qui emerge la necessità di disporre di farmaci che mantengano l’efficacia contro i ceppi resistenti» afferma Carlo Federico Perno, Professore di Virologia all’Università di Tor Vergata e Direttore dell’Unità di Virologia Molecolare del Policlinico Tor Vergata di Roma. «Gli studi indicano che MK-8408 conserva un’eccellente efficacia antivirale anche contro ceppi resistenti ai farmaci della stessa classe (inibitori dell’NS5A virale), appartenenti alla prima generazione, garantendo quindi alte chances di efficacia anche nelle difficili condizioni di fallimento alla prima linea di trattamento».

Già dal 2015, insomma, potrebbe essere disponibile, negli Stati Uniti, un regime terapeutico semplice da utilizzare e con minori effetti collaterali e cicli terapeutici brevi: le evidenze finora disponibili saranno adesso convalidate nella fase III dello sviluppo clinico di grazoprevir/elbasvir, chiamata C-EDGE, per la quale è stato appena completato l’arruolamento. Ma la prospettiva è ancora migliore perché la combinazione grazoprevir/elbasvir, per il momento multigenotipica, in futuro si evolverà con l’associazione a MK-3682, i cui primi dati, secondo MSD, fanno intendere che il meglio deve ancora venire.

Alessandro Malpelo