Mercoledì 24 Aprile 2024

Epatite C cronica: guarigione al 100% con due farmaci in tandem

La Commissione Ue approva la new entry daclatasvir, efficace anche su pazienti hiv positivi, a rischio cirrosi o dopo trapianto di fegato

Encefalopatia epatica: confusione mentale e amnesie, ma il problema parte dal fegato

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Roma, 1 settembre 2014 — L’epatite C è una malattia causata da un virus che infetta il fegato e nel 90 per cento dei casi tende a cronicizzare. Secondo dati dell’Oms, il 20% di questi soggetti (HCV positivi) sviluppa una cirrosi. Una buona notizia arriva dalla Commissione europea, che ha ha approvato una nuova molecola, il daclatasvir, che in associazione con il primo nuovo farmaco anti epatite C, il sofosbuvir, raggiunge percentuali di guarigione fino al 100%.

Daclatasvir in associazione al sofosbuvir, afferma una nota dell'azienda Bristol-Myers Squibb, offre potenzialmente la cura per un’ampia popolazione di pazienti con HCV, inclusi quelli con malattia epatica avanzata, quelli da infezione con genotipo 3 e pazienti che hanno fallito nella cura con altri farmaci (inibitori della proteasi). Daclatasvir in associazione con sofosbuvir è un regime orale senza interferone. L’approvazione consente la distribuzione del farmaco in tutti i 28 Stati membri della UE e fa seguito alla valutazione accelerata da parte del Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP).

«Con l’approvazione di daclatasvir, abbiamo una nuova classe di farmaci che agisce sul virus in due modi, inibendo sia la replicazione che l’assemblaggio virale e, quando combinata con altri farmaci, spesso porta a guarigione persino i pazienti più difficili», ha affermato Michael P. Manns dell’Hannover Medical School. Nel mondo, circa 150 milioni di persone sono colpite da epatite C e, di questi, si stima che 9 milioni vivano nell’Unione europea.

Gli studi hanno riguardato più di 5.500 soggetti, la sicurezza nel trattamento è stata dimostrata in popolazioni che includono pazienti anziani, con malattia epatica avanzata, sottoposti a trapianto del fegato e anche pazienti che avevano anche una infezione da virus HIV. Nessuna problematica riguardo alla sicurezza è stata identificata negli studi clinici e nel programma di accesso precoce. Diversi di questi trial sono tuttora in corso.

Alessandro Malpelo

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