Mercoledì 24 Aprile 2024

Elezioni Spagna, incognita Podemos. "Nessuna influenza da Brexit"

Lo scrittore Murado: "Uno dei 4 leader si dovà dimettere"

Pablo Iglesias, leader di Podemos (LaPresse)

Pablo Iglesias, leader di Podemos (LaPresse)

Roma, 26 giugno 2016 -  SARÀ il primo test, a caldo, anzi caldissimo, dell’impatto della Brexit sulla politica Ue: oggi la Spagna voterà per eleggere il nuovo governo, dopo sei mesi di paralisi istituzionale a Madrid. I sondaggi degli ultimi giorni davano il Pp del premier Mariano Rajoy in testa con il 28-30% delle intenzioni di voto, davanti a Podemos (sul 25%), Psoe (al 21-22%) e a Ciudadanos (al 15% circa). Tutte previsioni però condizionate dal fatto che un quinto degli elettori ancora non ha deciso come votare, e ora dall’incognita Brexit. La caduta delle borse, l’impennata degli spread, il clima di incertezza quasi apocalittica, possono condizionare il voto. Rafforzando forse il Pp di Rajoy, la scelta del ‘sicuro’ in un momento di turbolenze. «In mezzo alla tempesta è bene sapere chi pilota la nave», ha detto il ministro degli Esteri Juan Manuel Garcia Margallo. In tempi da record il Partido Popular ha prodotto un video per ricordare che fino a poco tempo fa il leader di Podemos Pablo Iglesias, il rivale più pericoloso per Rajoy, proponeva l’uscita della Spagna dall’euro. Ora, impegnato a sedurre il voto moderato, Iglesias non lo propone più. «Se domenica non ti alzi dalla sedia per andare a votare, Iglesias può finire alla Moncloa» minaccia lo spot Pp. Ma è quanto spera il partito post-indignado, ora alleato a Izquierda Unida, i comunisti. Convinto di realizzare lo storico ‘sorpasso’ sui socialisti.

 

«NON CREDO che il voto sulla Brexit influenzerà le elezioni spagnole. È arrivato troppo tardi, chi aveva deciso è difficile che cambi idea. In Spagna il voto è molto ideologico, chi pensava di votare Podemos, lo farà a prescindere dagli inglesi. Forse avrà un peso sugli astenuti, che potrebbero tornare a votare Popolari per paura».

Miguel-Anxo Murado, scrittore e editorialista, collezionista di premi letterari soprattutto agli esordi, e oggi commentatore per la Bbc e altri giornali anglofoni delle cose di Spagna, guarda al voto di oggi come a un inevitabile, secondo pareggio.

«Siamo in uno stallo totale. I quattro leader sono rimasti nelle stesse posizioni di sei mesi fa. Va in scena il gioco dei veti incrociati che produce la paralisi. L’unica possibilità è che si dimetta qualcuno dopo il voto: o Mariano Rajoy, leader Pp, o Pedro Sanchez del Psoe».

Non è possibile un passo falso di Podemos e di Pablo Iglesias?

«Iglesias non si dimetterà. È troppo innamorato di se stesso, e poi avrà un ottimo risultato. Podemos può conquistare altri voti, ma il suo leader è enfatico, narcisista, interessato solo al potere. Cambia spesso idea, cita Gramsci e Machiavelli, è un camaleonte».

Rischia di essere il primo partito di Spagna...

«Iglesias non voleva vincere, voleva governare solo qualche Comune. Alla mattina è di sinistra, al pomeriggio dice che destra e sinistra sono categorie superate, la sera si mette d’accordo con Izquierda Unida. Al re di Spagna ha regalato tutti i dvd di Games of Thrones, parla solo della serie tv».

Lo ha fatto anche Renzi con House of Cards..

«C’è qualche tratto somigliante. Così come con Grillo, ma le differenze sono notevoli. Podemos è l’antipolitica, ma non come i 5Stelle in Italia. E poi è marcatamente di sinistra, anche se cambia direzione spesso. Si muovono quasi come guerriglieri».

Prevede una sconfitta dei socialisti e di Sanchez?

«La situazione del Psoe è drammatica. L’ironia è che, se accettasse la realtà, capirebbe che è la chiave per sbloccare la crisi. Per formare qualunque coalizione di governo, serve il Psoe. Ma i socialisti non accettano questa situazione di terza forza, nonostante non abbiano il peso per diventare la seconda. Anche Pedro Sanchez è un leader mediocre: vuole essere pop ma non sa come fare».

Restano Rajoy e il Pp..

«Hanno perso un sacco di voti, colpa soprattutto della corruzione. Nonostante abbiano toccato i minimi, possono essere il primo partito. Per loro una priorità, ma non basta».

Dov’è l’inghippo?

«In qualsiasi altro Paese si formerebbe una coalizione tra Pp, i centristi di Ciudadanos e di Albert Rivera, e i socialisti. Ma il Pp è radioattivo, troppi scandali e corrotti. E la divisione tra destra e sinistra, retaggio della Guerra Civil, è ancora fortissima».

Nemmeno sulla Catalogna la Brexit avrà peso?

«Non sanno cosa fare, i catalani. Rivera, ad esempio, è un catalano che non vuole l’indipendenza. Aspettano il voto, sognano un risveglio scozzese, ma sono fermi».

Come si esce dal pantano?

«Nessuno vuole elezioni per la terza volta. La sola possibilità è quella che voi italiani avete sperimentato con la ‘non sfiducia’. Il Psoe, senza Sanchez, si astiene, Pp e Ciudadanos formano un governo. Ma per i socialisti sarebbe letale. In Spagna c’è la sfiducia costruttiva, non puoi mandar via un Governo se non ne hai un altro da mettere al suo posto. Per 4 anni il Psoe non potrebbe far nulla, lasciando a Podemos l’esclusiva dell’opposizione».