Elezioni Austria, il politologo: l'Europa non esulti troppo

Tarchi: "Meno retorica per risolvere i problemi" Elezioni Austria, vince il verde Van Der Bellen

Il neo presidente austriaco Van der Bellen

Il neo presidente austriaco Van der Bellen

Roma 24 maggio 2016 - IN AUSTRIA ha vinto in extremis, per una manciata di voti, il candidato verde Van der Bellen. Ma circa la metà della popolazione ha votato per l’esponente della destra xenofoba, Norbert Hofer. "È una reazione a una certa retorica europeista, una risposta trasversale all’incapacità di risolvere i problemi degli strati sociali più deboli", spiega Marco Tarchi, politologo dell’Università di Firenze, esperto di populismi e di movimenti di destra. Elezioni Austria, vince il verde Van Der Bellen

Quali conseguenze potrebbe avere sulla stabilità, anche quella europea, questa spaccatura netta? "Nessuna conseguenza diretta. Ma sta a indicare che l’impatto di fenomeni come l’immigrazione di massa pone in discussione la retorica europeista tutta rose e fiori degli scorsi decenni e lascia capire che, con le sole parole d’ordine del ‘politicamente corretto’, i problemi che stanno a cuore a molti non si risolvono". Quali sono le ragioni di questa ondata di populismo che coinvolge tutta l’Europa? E gli effetti? "La causa primaria è la pessima prestazione delle classi politiche, che non hanno saputo opporre alcun argine al peggioramento delle condizioni degli strati sociali non privilegiati. Il fatto che, come ha rilevato il leader della Svp, a far vincere Van der Bellen sia stato il voto degli austriaci all’estero che appartengono in larga misura alle classi agiate, la dice lunga su questa situazione. Gli effetti? Se i politici fossero lungimiranti, un’inversione di marcia. Ma dubito che avverrà: ci si limiterà alle demonizzazioni". Non è però riduttivo il tema dei fenomeni migratori come unico programma politico, e non solo elettorale? "In realtà riduttivo è valutare in questi termini il programma della Fpoe. Chiunque lo conosca, sa che non si limita affatto a occuparsi di questo problema, che però al momento preoccupa più di altri metà degli austriaci. Il programma del partito di Hofer, lungo decine di pagine, parla di altri temi sociali: dal pieno impiego alla lotta contro le oligarchie finanziarie e altri aspetti della globalizzazione". Hofer e Strache in Austria, Marine Le Pen in Francia o la tedesca Afd: sembrano queste le nuove destre europee. C’è dunque una sorta di mutazione genetica della destra? "È errato assimilare il populismo alle destre, che esistono in tutti questi Paesi: dalla Csu alleata della Merkel, ai popolari ai Républicains di Sarkozy. Questo è un fenomeno trasversale all’asse sinistra/destra, come le sue proporzioni elettorali dimostrano". A proposito di partiti di governo, quanto è profonda la crisi delle forze politiche tradizionali? Non solo tra le destre soppiantate da movimenti xenofobi... "È una crisi molto profonda, e tutt’altro che compiuta: se si continuerà a combattere vere e proprie patologie sociali con le parole, ci attendono tempi duri". Il neo presidente austriaco l’ha spuntata anche grazie alla convergenza dei voti dei socialisti e dei democristiani. La dinamica è simile a quella del 2002 in Francia o ci sono differenze? "La formula è la stessa, così come il sostegno dei media a una sola delle due parti. Diverso è il risultato: Jean-Marie Le Pen al 17%, Hofer al 49,8%...". Dove sta andando l’Europa? Il progetto dell’Unione sarà affossato dalla rinascita dei nazionalismi? "Sta all’Ue deciderlo. È dai suoi errori e dalle carenze delle sue politiche che è nata questa ondata di reazione. Gli spot televisivi possono ancora contenere per poche migliaia di voti lo sfondamento populista, ma non basteranno a placare le delusioni e i timori, che non sempre sono irrazionali come si ama dire".