Sabato 20 Aprile 2024

Eleventy, modernità e prezzi etici. Alla conquista di America e Turchia

"No alla ricerca dell'estremo, la normalità e il Made in Italy ci premiano" - di EVA DESIDERIO

Eleventy (da il resto del carlino)

Eleventy (da il resto del carlino)

MILANO, 1 LUGLIO 2016 - NORMALITÀ. E’ la parola chiave della filosofia di stile del marchio Eleventy, uno dei più interessanti fenomeni di moda degli ultimi anni, esempio di come il Made in Italy possa vantare ancora molti primati e primeggiare nel mondo, fin dal debutto nel 2007. Quanto tutto è cominciato, con Marco Baldassari, Paolo Zuntini e Andrea Scuderi che lanciano la prima collezione di Eleventy, gettando il sasso nello stagno da calma piatta dell’abbigliamento maschile e lanciando il nuovo formale: un’alchimia di classico e sportswear per un’eleganza mai impostata e sempre molto giovane e giovanile, come ha raccontato anche l’ultima collezione per l’estate 2017 ispirata ai colori dell’Africa presentata solo pochi giorni fa nello showroom di Corso Venezia a Milano Moda Uomo. Sedici i monomarca tra Italia e Estero (7 in Italia, 5 in Corea, 2 in Austria, 1 in Francia e 1 in America), più 500 multibrand nel mondo. In questi giorni primo monomarca donna a Cannes, poi a settembre una seconda boutique in Austria per l’uomo, e presto uomo-donna e home a Catania. Un fatturato che nel 2015 ha raggiunto i 15 milioni di euro (con +23% rispetto al 2014) e una positivissima previsione per il 2016 a 20 milioni di euro e un balzo del fatturato dal 35%. I tre fondatori oggi siedono nel Consiglio di amministrazione insieme ai rappresentanti di Vei Capital, il fondo di private equity gestito dal team d’investimento di Palladio Finanziaria che nel dicembre 2014 ha rilevato il 51% della società.

Eleventy è molto conosciuto per la linea uomo ma sta avendo successo anche la donna. Come è diviso il vostro mercato?

«Sì, i numeri della linea al femminile ci dicono che stiamo andando bene – racconta Marco Baldassari, Ceo, fondatore e direttore creativo uomo di Eleventy (per la donna c’è l’altro Ceo, fondatore e direttore creativo Paolo Zuntini) anche se ancora le vendite sono attestate al 75% per la collezione maschile e al 25% per quella femminile. Nata con l’uomo la donna Eleventy è rimasta una costola ma da quattro stagioni sono arrivati investimenti e ordini importanti che ci fanno pensare in positivo. Spero di portare in equilibrio al 50% ogni linea, uomo e donna, molto presto. Perchè, si sa, le donne consumano più moda».

Siete molto forti anche negli accessori?

«Vero. Ora i nostri zaini fanno tendenza e questo ci riempie di orgoglio».

Lei è appena tornato da un viaggio in America. Come è andata?

«Bene, molto bene –continua Marco Baldassari – anche in America l’economia sta soffrendo, tutti cercano di salvaguardare i budget e di limitare le spese. Ma fortunatamente per noi di Eleventy c’è molto interesse, molta attenzione. Durante questo mio soggiorno ho conosciuto il presidente di Saks Fifth Avenue, Marc Metrick che ha 42 anni e un potere e responsabilità gigantesche. Sono una catena di fama e di prestigio e ora ci stanno aprendo nuove porte, sono contenti del nostro sell out. Metrick mi ha raccomandato con forza di implementare la comunicazione sulla forza del Made in Italy. E’ un consiglio che ho molto apprezzato e comincerò subito a spingere di più Eleventy sui social e su Instagram».

Avete anche promosso una sfilata?

«Sì, in Connecticut, abbiamo organizzato una sfilata benefica per sostenere la ricerca sul cancro e alla fine abbiamo messo in vendita tutti i capi, ricavando 15.000 dollari devoluti a fin di bene. Ecco la moda deve servire anche come messaggio alla società. Ed Elventy d’ora in poi darà una mano alla collettività».

Come si lavora da voi a Milano?

«Siamo come una famiglia, siamo in 50 tutti concentrati sul prodotto che esce dalla mani degli esperti e degli artigiani di 94 laboratori italianissimi, dal Veneto alla Puglia, sono loro il segreto del nostro successo, quelli che ci permettono tanta qualità ad un prezzo etico. Nel rispetto primo, quello al cliente. Penso che prima di tutto ci muove la passione per il nostro lavoro. Creare questo marchio è stata una bella impresa!».

A lei piace parlare di lusso responsabile e di moda mai urlata. Ci spieghi perché?

«Dico no alla ricerca dell’estremo. Devo vestire gente comune, non estraterrestri. A noi piace parlare di prodotto vero che rispecchia la qualità e riduce i margini in modo equo. Insomma il valore dell’etichetta non deve vincere su quello dei capi che si indossano. Adesso il rapporto è 70% valore di certe griffe e 30% sostanza di prodotto. Eccoper noi invece vale l’inverso».

Ora siete partiti alla conquista della Turchia...

«Sì, vogliamo vendere il Made in Italy in quel Paese. E per questo abbiamo stretto un accordo con il gruppo turco Dogus per un contratto di distribuzione del brand in Turchia e nei Balcani che vedrà a breve uno shop in shop a Lafayette di Istanbul».