Sulla pelle del Paese

Quel che resta della Cgil si è dunque saldato a quel che resta della sinistra. Evocare la vecchia formula della “cinghia di trasmissione” tra sindacato e partito ci sembra, però, grottesco: la Camusso non è Di Vittorio, Mdp non è il Pci, D’Alema non è Togliatti. Col pretesto delle pensioni, un sindacato in cerca di iscritti unisce la propria debolezza a quella di un partitino in cerca di voti. Tutto qui. Non cambierà per questo la storia d’Italia. Ma l’immagine, forse, sì. L’Italia non è la Germania, che può permettersi di rimanere priva di un governo per mesi senza che i mercati finanziari battano ciglio. L’Italia, col suo colossale debito pubblico e il nanismo politico che la caratterizza, è considerata inaffidabile per definizione.

Gli osservatori internazionali cercano solo conferme ai propri, antichi pregiudizi. Vedono un movimento antisistema, i grillini, crescere nei sondaggi. Vedono il sindacato rosso riempire, si fa per dire, le piazze soffiando sul fuoco del conflitto sociale e contrapponendosi a un governo di sinistra. Vedono che, nell’illusione di favorire la nascita di futuribili alleanze politiche, il Pd si dice pronto a ridiscutere la riforma del mercato del lavoro. Vedono che i leader politici interpretano la campagna elettorale come una gara a chi la spara più grossa, promettendo di tutto e tutto in deficit. Vedono riemergere, insomma, le peggiori dinamiche politiche italiane e sanno che difficilmente le prossime elezioni daranno vita a un governo stabile: dite che sono sereni? Naturale che ci considerino un Paese a rischio, sul quale non investire a cuor leggero. Ma tutto questo non preoccupa né la Camusso né D’Alema, accomunati dalla nostalgia di un passato che non tornerà.