Giovedì 18 Aprile 2024

Questione di orgoglio

ORGOGLIO, orgoglio e ancora orgoglio. È questa la cifra della storia di Francia ed è questa la cifra per decodificare le presidenziali francesi. Come il Regno Unito, anche la Francia non ha molto da contestare all’Europa, i cui parametri economici ha potuto sistematicamente violare; eppure, così come fu per gli inglesi nei giorni di Brexit, è l’Europa la bestia nera dei francesi e contro l’Europa parlano tutti i candidati all’Eliseo con la sola eccezione di Macron, che sfoga il proprio populismo lungo le linee di frattura tra vecchio e nuovo, tra partito e movimento. Non è questione razionale, ma sentimentale: le grandi nazioni rifiutano i vincoli internazionali, soprattutto se non presuppongono sbocchi politici apprezzabili.

LA CRISI economica c’entra, ma non è determinante. Nel ’54 il generale De Gaulle respinse la Comunità europea di difesa, nel 2005 i francesi respinsero la Costituzione europea. E non c’erano ancora il terrorismo islamico, i colpi di coda di una globalizzazione sfrenata, il problema delle banlieue e della mancata integrazione di buona parte degli attuali 20 milioni di musulmani francesi. Tutti fattori che esaltano il senso di insicurezza, attualizzano il concetto di identità e incoraggiano la fuga dallo status quo. Non c’era neanche, ai tempi di De Gaulle, il politicamente corretto. Che ora c’è, eccome se c’è. Nelle scorse settimane, l’Autorità francese del settore audiovisivo ha vietato ai candidati alle presidenziali di usare il Tricolore e la Marsigliese nei loro spot elettorali. Il motivo? Evitare “un nazionalismo delirante”. Un delirio, appunto, un contrappasso. Inutile stupirsi, allora se una come Marine Le Pen arriverà al ballottaggio, se un ultrasinistro come Mélenchon rischia di fare altrettanto, se i partiti tradizionali si sono spappolati e se le parole d’ordine del Front National hanno permeato il lessico di un po’ tutti i candidati. Candidati diversi, ma egualmente orgogliosi.