Una scelta politica

QUANDO ha avuto un senso scegliere tra un ‘tecnico’ e un ‘politico’, il nostro giornale ha sempre scelto il politico. È stato così ai tempi del governo Monti, quando si trattò di individuare il ministro dell’Economia dello scorso governo, in molti dei conflitti – più apparenti che reali – tra Matteo Renzi e la Commissione europea. Nel braccio di ferro tra l’ex premier e i ministri ’tecnici’ Calenda (Sviluppo) e Padoan (Economia) siamo però inclini a dar ragione a questi ultimi. Lo stato dell’economia è preoccupante. Nonostante il crollo del prezzo del petrolio, la svalutazione dell’euro e il Quantitative easing di Draghi, l’Italia è ferma. In Europa siamo il Paese che cresce meno. La settimana scorsa, a Porta a Porta Renzi ha detto che «la crescita è passata da meno 2 a più 1», aggiungendo che «nessun Paese europeo nello stesso periodo ha fatto un balzo così grande». Due, comprensibili, bugie. Secondo l’Istat, l’aumento complessivo del Pil è stato di 2,6 punti percentuali e non di 3. Mentre nello stesso periodo, oltre alla Spagna e ad altri tre Paesi dell’area euro, persino la Grecia ha fatto meglio di noi. Quando Calenda, parlando col Foglio, invita Renzi a dire la verità agli italiani perché «con l’ottimismo non ci fai niente», ha ragione. E ha ragione anche Padoan quando, minacciando di aumentare l’Iva, gli ricorda che per tagliare il cuneo fiscale e magari pure l’Irpef le possibilità sono solo tre: imporre altre tasse, ridurre la spesa pubblica, agire in deficit. Renzi esclude ovviamente la prima e per non creare malumori sotto elezioni pare escludere anche la seconda. Non resta che agire in deficit. Passi per gli strali di Bruxelles, ma i mercati, ovvero gli investitori, di cui un terzo stranieri, che possiedono 1.500 miliardi di Buoni del tesoro italiani, ci imporrebbero interessi maggiori sul debito pubblico. Quel che guadagneremmo da una parte, dunque, lo perderemmo dall’altra. Renzi non può limitarsi a dire che vuole abbassare le tasse, è giunto il momento che dica anche come. Non si richiede un parere tecnico, ma una scelta politica.