Mercoledì 24 Aprile 2024

Boomerang per Renzi

Ammoniva il vecchio Ronald Reagan che tre sono i fattori che possono minare la carriera di un leader politico: «Le donne, le donne e ancora le donne». Sarà dunque una donna a pregiudicare le radiose e progressive sorti di Matteo Renzi? Sì, ma solo in apparenza. Non c’è dubbio sul fatto che i due principali inciampi del leader Pd, il referendum istituzionale del 4 dicembre 2016 e Banca Etruria, si incarnino nelle dolci fattezze del sottosegretario Maria Elena Boschi. Ma fu Renzi a non capire che il referendum era destinato a sconfitta certa e a rifiutare di contenere i danni spacchettandone i quesiti come questo giornale, a firma Claudio Martelli, gli suggerì invano. Ed è stato Renzi a ignorare il consiglio che gli demmo all’indomani della sconfitta: mettere in ombra la Boschi. Non per farne un capro espiatorio, ma per tutelarla. Non per rimuovere il vulnus referendario, ma per depotenziare le polemiche bancarie che di certo sarebbero seguite. Tutto fu vano.

Maria Elena Boschi è passata da un ruolo chiave di governo all’altro, e ora frigge col suo mentore sulla graticola mediatica in piena campagna elettorale. Non si può dire abbia formalmente mentito al parlamento. Non si può negare che si sia spesa in favore della banca dove lavoravano sia il padre sia il fratello. Tre testimonianze la raccontano attiva sul fronte caporettiano di Banca Etruria e mal si conciliano con la scelta di disertare i Consigli dei ministri che si sono occupati della questione. Una scelta che accredita l’esistenza di un potenziale conflitto di interessi, un conflitto di interessi ufficializzato dalle testimonianze di Ghizzoni, Vegas e Consoli. Ma delle ultime due non si sarebbe avuta eco se Renzi non avesse voluto insediare a fine legislatura la commissione parlamentare di inchiesta sulle banche. Lo ha fatto pensando alle elezioni. Voleva accreditarsi come il Davide politico che combatte contro il Golia finanziario, il don Chisciotte che difende gli interessi dei risparmiatori traditi, l’uomo del popolo che sfida il santuario di Bankitalia. È possibile che, mediaticamente parlando, accada il contrario. Di Vegas e Consoli si è detto. Verrà ora il turno di Ghizzoni e Visco. E molto dipenderà dal grado di conflittualità scelto dal governatore di Bankitalia. Visco potrebbe alludere a un esplicito interesse di Renzi per le sorti di Banca Etruria e Credito Fiorentino. Potrebbe mettere in evidenza i danni causati a risparmiatori e finanze pubbliche dal rinvio di sei mesi degli interventi su Mps e banche venete in attesa che si svolgesse il referendum. Potrebbe far intendere che se, nell’estate del 2015, il governo non è andato allo scontro con la Commissione europea che gli imponeva di non attivare il Fondo interbancario per salvare senza costi le famigerate quattro banche è stato per ottenere un po’ di flessibilità sui conti pubblici e spenderne i proventi pensando al consenso. No, forse non è stata una buona idea quella di istituire la commissione sulle banche facendone il proscenio della campagna elettorale. E le donne, con buona pace di Reagan, non c’entrano.