Giovedì 18 Aprile 2024

Una sveglia collettiva

ECONOMISTA di formazione statunitense, banchiere e tecnico prestato alla politica: l’ex primo ministro greco Lukas Papademos riassume in sé le categorie più impopolari del momento e perciò, in un paese incandescente come la Grecia, rappresenta il bersaglio ideale. Ma l’attentato di ieri suona come una sveglia collettiva, un memento, un richiamo alla realtà. Ci ricorda che non ci sono solo il terrorismo dell’Isis, il problema dei migranti, le esuberanze di Donald Trump e gli occhi dolci ma spietati di Melania. C’è anche la crisi economica. Va avanti da quasi un decennio e per quanto il presidente della Bce, Mario Draghi, annunci la luce in fondo al tunnel vi sono paesi che vivono ancora nell’oscurità.

L’Italia, ad esempio. E la Grecia, che in verità cresce più di noi ma che è ancora tenuta per la gola dai diktat della Troika. Per gli Stati nord europei siamo folklore. Ma occorrerà prima o poi riflettere sulle nostre peculiarità. Ci sono due elementi che accomunano i Piigs, ovvero i paesi europei (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) che più faticano a tenere il passo dell’economia globale. Il primo è stato già notato: sono gli unici che non hanno avuto la Riforma protestante, secondo il sociologo Max Weber presupposto affinché attecchisca lo “spirito del capitalismo”. Sul secondo elemento si è riflettuto poco. Sono i paesi che hanno rotto la diga della democrazia cedendo a regimi autoritari e/o che hanno registrato i picchi più alti di violenza politica. Dei cinque, la Grecia rappresenta la punta estrema. Ma dopo la Grecia viene l’Italia. Questo non per dire che torneranno il fascismo o la violenza brigatista, ma per ricordare che siamo più esposti di altri. Sarebbe bene che i tecnocrati di Bruxelles riflettessero sulle peculiarità nazionali e facessero il possibile per rispettarle: imporre regole uguali per tutti può essere fatale.