Venerdì 19 Aprile 2024

Voucher, via libera al decreto che li abolisce. Ecco fino a quando si potranno usare

Gentiloni: "Erano la risposta sbagliata a un'esigenza giusta"

Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il ministro Giuliano Poletti (Ansa)

Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il ministro Giuliano Poletti (Ansa)

Roma, 17  marzo 2017 - Addio ai voucher. La maggioranza ha scelto la soluzione più drastica per evitare il referendum del 28 maggio indetto dalla Cgil. Oggi il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto che abolisce integralmente i buoni lavoro. "Avevamo una risposta sbagliata a un'esigenza giusta", ha detto il premier Paolo Gentiloni. "Ora ci sarà un confronto con le parti sociali" per cercare nuovi strumenti, ha aggiunto. 

Ieri era arrivato il via libera in Commissione Lavoro alla proposta di legge con l’eliminazione proprio dei tre articoli del Jobs Act (numero 48, 49 e 50) di cui la consultazione indetta dal sindacato chiedeva l’abrogazione. Hanno votato insieme Pd, M5S, Sinistra Italiana e Mdp, schierati sulla stessa linea. Sistemato anche il nodo appalti, l’iniziativa della Cgil – il cui impatto politico è molto temuto dal governo – sarebbe del tutto sterilizzata. Introdotti nel 2003 (ma il primo anno vero di utilizzo fu il 2008, dove ne venne staccato mezzo milione), i voucher hanno avuto un’impennata continua, dovuta al progressivo allargamento dei settori in cui potevano essere utilizzati. Il Jobs Act, quindi, ha di fatto dato la spinta finale a uno strumento per pagare le prestazioni occasionali (utilizzato in parte anche da alcune federazioni della stessa Cgil) a cui, governo dopo governo, sono stati tolti sempre più paletti e restrizioni, arrivando forse a snaturarne il senso originale. Nel 2016, sono stati venduti 145 milioni di voucher, il record finora. Ma dal 2018 si cambia. Non prima, perché, come spiega la relatrice del Pd in Commissione Lavoro, Patrizia Maestri: «Ci sarà un periodo di transizione fino al 31 dicembre 2017 per permettere di utilizzarli a chi li ha già acquistati».    La sostanziale resa del governo ha sollevato un putiferio. A cominciare da Confindustria. Il presidente Vincenzo Boccia ci è andato pesante: «La cancellazione non ci piace e nemmeno il modo: se proprio s’ha da fare, si faccia il referendum», ha detto a margine di un convegno della Luiss. Per il leader degli industriali, che avrebbe preferito accettare la sfida della Cgil, «smontare le cose senza dibattito non sembra la strada giusta». Anche Confcommercio si dice delusa e parla di un «epilogo paradossale: si è scelta la strada della cancellazione senza preoccuparsi del vuoto che si crea, perché con l’eliminazione di questo strumento non possono essere coperte quelle attività occasionali comunque presenti nelle imprese». In realtà, il governo sta già cercando di metterci una pezza con nuovi strumenti, ma la mancanza, soprattutto in quelle categorie che più hanno fatto uso dei buoni lavoro, si fa sentire.   A livello politico, oltre alle prevedibili bordate dell’opposizione, neanche nella maggioranza e nel Pd c’è pace. Il responsabile Lavoro della segreteria democratica, Filippo Taddei, ritiene «che l’abolizione totale sia un errore». Poi, aggiunge: «Confido nella capacità del governo di identificare dei sostituti che contribuiscano alla lotta al lavoro nero». Michele Emiliano, sfidante dell’ex premier alla segreteria del partito, parla di «mero escamotage per evitare il referendum». Ma anche Mdp – pur votando a favore e sostenendo le richieste della Cgil – ne ha approfittato per assestare un colpo agli ex compagni di partito. «Il governo salta il fosso e cancella i voucher, andando forse oltre quello che è il ragionevole. Evidentemente – è la stoccata di Pier Luigi Bersani – c’è paura del refere

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