Mercoledì 24 Aprile 2024

Voli low cost e tratte, sfida tra sindaci ad alta quota

Accordi tra compagnie ed enti locali: incentivi fiscali per volare negli scali minori. Il co-marketing vale tra i 40 e i 100 milioni

Un aereo Ryanair nello scalo di Orio al Serio (ImagoE)

Un aereo Ryanair nello scalo di Orio al Serio (ImagoE)

Roma, 24 luglio 2017 - La battaglia dei cieli si combatte a colpi di incentivi, sconti fiscali e di accordi capestro, spesso segreti, qualche volta al limite della legalità. Un vero e proprio far west, dove mancano perfino dati ufficiali. Da una parte gli enti locali impegnati nel difficilissimo compito di salvare i piccoli scali regionali e attirare flussi turistici. Dall’altro le compagnie aeree low cost, che hanno surclassato le compagnie nazionali effettuando nel 2016 un sorpasso storico. E non vogliono certo fermarsi qui.    Così mentre il governo è impegnato nell’ennesima missione di salvataggio dell’Alitalia, i diretti concorrenti fanno man bassa di contributi pubblici sfruttando la ricorsa di sindaci e governatori alle rotte low cost. A fare la parte del leone, fino a ieri, la Ryanair leader del mercato. Ma negli ultimi mesi si stanno muovendo anche altri soggetti, da EasyJet a Mistral fino alle compagnie nazionali. Tutte hanno fiutato l’affare e si sono fatte avanti, anche perché il governo ha deciso di fermare la vecchia pratica degli affidamenti diretti, prevedendo l’obbligo di bandi di gara trasparenti e aperti a tutti i concorrenti.

La guerra dei cieli. La parolina magica da ricordare è ‘co-marketing’. Dietro l’etichetta ci sono due soggetti e uno scambio semplice semplice: incentivi economici e sconti fiscali in cambio di passeggeri. Il tutto a spese dei contribuenti. Da una parte c’è una compagnia low cost disponibile ad aprire nuove rotte o intensificare quelle esistenti o ridare ossigeno ad aeroporti altrimenti moribondi. Dall’altra parte regioni e comuni disposti a giocarsi l’anima pur di non perdere traffico. Uno scambio dove, sulla carta, ci guadagnano tutti. Le compagnie low cost che aumentano il fatturato mantenendo bassi i prezzi dei biglietti e conquistando nuove quote di mercato. E gli enti locali che con una mano danno incentivi e con l’altra prendono, riempiendo alberghi, ristoranti e centri commerciali. Le cosiddette voci no-air.

I numeri non tornano. Secondo l’ultima ricognizione effettuata dal governo, gli accordi di co-marketing dovrebbero attestarsi sui 40 milioni di euro all’anno. Ma si tratta di una cifra approssimata per difetto. In realtà i numeri reali sono molto più alti e secondo stime attendibili viaggiamo attorno ai 100 milioni di euro. Una somma che nel 2017 potrebbe registrare un’ulteriore impennata. Del resto non c’è limite alla fame di passeggeri. E senza low cost gli aeroporti minori rischiano grosso. Ne sanno qualcosa a Trapani dove la Regione Sicilia ha dovuto individuare subito, nelle pieghe del bilancio, i 6,5 milioni di euro necessari per convincere Ryanair a non mollare tutto e lasciare lo scalo. Quasi sempre infatti dopo il boom di viaggiatori iniziale, drogato in qualche modo dalle nuove rotte, il traffico si stabilizza e arrivano le perdite se la società che gestisce l’aeroporto non riesce a trovare nuove fonti di guadagno. E, con le perdite, cresce automaticamente anche l’indebitamento, perchè senza co-marketing gli scali rischiano di schiantarsi.   Bilanci in rosso. Brindisi, ad esempio, è stata ad un passo da una crisi irreversibile. Così come Bari. Poi ci ha pensato la Regione Puglia a mettere le cose a posto con un maxi accordo da 12,5 milioni di euro con Ryanair. Al quale si è aggiunto un ulteriore bando per 7,5 milioni aperto alla altre compagnie. Sempre con l’obiettivo di attirare rotte e passeggeri. Grazie a queste intese il flusso di viaggiatori negli aeroporti pugliesi è più che raddoppiato passando da 2,5 a 6,5 milioni. E questo nonostante il faro acceso dalla Procura di Bari proprio sugli accordi di co-marketing siglati in passato. Anche in altre città queste intese sono finite nelle aule dei tribunali: a Verona, infatti, sono costate una maxi-richiesta di risarcimento danni, per 23 milioni, all’ex direttore dell’aeroporto. 

C’è poco da fare: senza low cost, sono pochi gli aeroporti minori che riescono davvero a decollare. Ad Alghero sono stati necessari 13 milioni per convincere gli aerei di Raynair a restare in pista e a non fare rotta verso altri scali. In Abruzzo è appena stato siglato un accordo di 12,5 milioni in 5 anni con la stessa compagnia. Mentre la Calabria ha appena avuto il via libera da Bruxelles per stanziare più di 13 milioni con l’obiettivo di dare ossigeno e nuove rotte negli scali di Lametia Terme, Reggio Calabria e Crotone. Probabilmente i danni delle chiusure degli aeroporti sui flussi turistici sarebbero stati maggiori. 

Con le attuali regole, gli enti locali possono tenere segreti gli accordi con la scusa di non favorire i concorrenti. Tanto che perfino l’Alitalia si è dovuta rivolgere al Tar per conoscere i contenuti di alcuni accordi di co-marketing. Resta il fatto che per le low cost l’Italia è diventato un eldorado. Nel 2016 c’è stato lo storico sorpasso sulle compagnie nazionali, mentre Ryanair continua la sua espansione: quest’anno conta di trasportare oltre 35 milioni di persone collegando 44 nuove città. Quanto di questa espansione è frutto del mercato e quanto degli incentivi? Difficile dirlo. Si calcola che le intese di co-marketing comportano una spesa a carico della collettività che va dai 15 ai 26 euro per passeggero. Un’enormità rispetto alle intese sottoscritte negli altri Paesi. Una cifra spesso superiore al costo del biglietto acquistato dai viaggiatori. Ma ormai le regole del mercato sono queste. E la battaglia dei cieli non è finita qui. Chi offre di più?

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