Molise, il fascino della transumanza. "Le mucche sono come le rondini"

Il racconto della famiglia Colantuono, che porta avanti da generazioni la tradizione antica e sognante

Molise, lo spettacolo della transumanza (Foto Mario Fornasari)

Molise, lo spettacolo della transumanza (Foto Mario Fornasari)

Campobasso, 30 maggio 2017 - Una montagna di soldi che si muove su quattro zampe fra due regioni e tre province. Una ventina di cavalieri - guidati da una sorella e tre fratelli - che controlla una mandria di trecento bovini. Una tradizione antica e sognante che potrebbe trasformarsi in fattore economico per un’intera area del Mezzogiorno. La transumanza della famiglia Colantuono porta con sé passato e futuro nei duecento chilometri percorsi ogni anno, alla fine di maggio, dalla fattoria nel parco del Gargano ai prati dell’alpeggio di Frosolone, sulla montagnola molisana. “Mio padre diceva che le mucche sono come le rondini” racconta Carmelina Colantuono, l’anima e l’intelligenza logistica della transumanza del terzo millennio. “Quando è ora di andare, bisogna andare”.

E così la settimana scorsa una carovana di cavalieri, aiutanti e bestiame ha percorso prati, sterrati, strade e quel che rimane dei tratturi di dannunziana memoria, le “autostrade verdi” create nei secoli dal passaggio di greggi e mandrie. Si è arrampicata sui monti. Ha guadato fiumi e ruscelli. Ha sfiorato le chiesette create dalla religiosità profonda dei pastori. Ha attraversano paesi che offrivano formaggi, salami e rudimentale ospitalità per la notte. Ha sofferto il freddo e la pioggia, si è inebriata dei profumi montani e dei magnifici paesaggi collinari. “Quando dico che il mio mestiere è quello del mandriano i miei fratelli si mettono a ridere ma è davvero così ed è impagabile” confida Carmelina, orgogliosa e volitiva nell’interpretare la tradizione della transumanza che i Colantuono rinnovano da cinque generazioni. “Una volta non potevano esserci donne ed io ero l’unica, oggi non più: sto preparando le mie figlie per affrontare questa esperienza”.

Il richiamo ancestrale rimane forte in queste zone di massiccia emigrazione: Domenico, diventato Dominic nella sua nuova patria australiana, lasciò il Molise a quattro anni, con la famiglia. Il padre, mandriano come il nonno e gli zii, non riusciva più a garantire una vita dignitosa ai suoi cari. Quel bambino oggi parla più l’inglese dell’italiano ma è tornato 48 anni dopo per vivere i racconti dell’infanzia: “Adesso è dura ma una volta lo era molto di più, con i pochi viveri trasportati dai muli e le notti all’addiaccio” spiega. “Dovevo tornare, ne è valsa la pena”.

Accanto al fascino e ai tormenti della sua storia, la transumanza potrebbe oggi diventare un’occasione economica per intere comunità, legata soprattutto al turismo: Donato D’Ambrosio, 33 anni appena compiuti, è sindaco di Santa Croce di Magliano, quattromila cinquecento abitanti in provincia di Campobasso: ha un progetto in testa, quello di promuovere da parte dell’Unesco il riconoscimento della transumanza come patrimonio immateriale dell’umanità. Favorirebbe il mantenimento di una tradizione antica ma rappresenterebbe anche un incentivo per un turismo slow fatto di passeggiate, enogastronomia, valorizzazione dei borghi storici che altrimenti rischiano l’abbandono, tutela del paesaggio. Il lungo percorso è stato imboccato. Lui ci crede e come lui sembrano crederci le centinaia di persone che hanno accompagnato e accolto la carovana lungo il percorso tra le province di Foggia, Campobasso e Isernia. “Fa arrabbiare l’assoluto disinteresse delle Regioni anche nella tutela dei tratturi, che ogni anno vengono ridotti e massacrati” s’appassiona Carmelina Colantuono, il viso segnato dalle notti quasi insonni per la tensione della traversata dall’Adriatico agli Appennini. “Ce la faremo lo stesso, recuperando l’entusiasmo di sempre: ogni volta ci diciamo che è stata l’ultima, ma non sarà così”.

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