Sabato 20 Aprile 2024

I numeri di Quota 100: quando una misura realizza la sua funzione

La ratio di quota 100 era ed è quella di consentire la libertà di pensionarsi ad oltre un milione di lavoratori in tre anni, non certo quella di creare un milione di pensionati in più

Mauro Nori

Mauro Nori

Recentemente, in un puntuale editoriale della Stampa, Elsa Fornero lodava il buon senso dei cittadini che non avevano colto l’opportunità di pensionarsi con quota 100, aggiungendo il giudizio che i cittadini spesso sono meglio dei politici che li governano.

L’articolo proseguiva con una compiuta indicazione di come e più utilmente sarebbero potute essere spese quelle risorse, per creare opportunità di crescita ed occupazione, esortando il legislatore a non compiere lo stesso errore allorquando si dovrà discutere della scadenza di quota 100. Non entro nel merito complessivo del ragionamento politico del quale riconosco l’ampiezza e la visione. Non commento, altresì, le opzioni e le proposte perché questo – in un ruolo pubblico – spetta alla politica e per chi come il sottoscritto nutre profonda considerazione per il ruolo della politica e dei suoi attori – con l’inevitabile deviazione statistica – una valutazione pubblica sarebbe una volontaria invasione di campo. Ritengo però doveroso esprimere la mia opinione su materie che in passato come nell’attualità mi hanno visto rispettoso protagonista. In particolare, non mi sento di condividere affatto l’affermazione secondo la quale su quota 100 i cittadini sono stati più maturi dei politici che l’hanno ideata. Il dissenso non attiene certamente alla valutazione del buon senso dei cittadini quanto al fatto che quando una norma è scritta bene ed in coerenza con quanto vuole realizzare, i risultati attesi non tardano ad arrivare.

La ratio di quota 100 era ed è quella di consentire la libertà di pensionarsi ad oltre un milione di lavoratori in tre anni, non certo quella di creare un milione di pensionati in più. Nello specifico, la scelta effettuata di non consentire il cumulo tra pensione e lavoro, legittimamente avversata da molti, va nella direzione che l’intervento di anticipo del pensionamento non era un intervento di riduzione del costo del lavoro a parità di occupazione, attraverso il pensionamento e la riassunzione a minor costo del lavoratore esodato. L’analoga opzione di consentire il pensionamento anche successivamente al periodo di durata della misura, per i soggetti che integrano i requisiti nel triennio di valenza della misura stessa va nella direzione di ridurre la propensione al pensionamento – cosa che in effetti è avvenuta – e di abbattere il costo della misura di oltre 25% per ogni anno di ritardo nel pensionamento, sino ad azzerane il costo. Abbattimento del costo che non sarebbe accaduto in una ipotesi di durata temporanea della misura, con l’inevitabile corsa al pensionamento a ridosso della scadenza. Importante anche la compostezza della comunicazione politica al riguardo. Il dissenso è tutto qui: quando la Politica fa scelte politiche e si dota di tecnici di esperienza e competenza, il risultato – positivo – è quello atteso. Insomma quando ognuno fa bene il proprio mestiere i risultati non possono che essere positivi. D’altronde è lapalissiano che ai politici e, soprattutto, ai tecnici ed ai calciatori non si applica la – sacrosanta - regola democratica che uno vale uno. 

* Ex Direttore generale dell'Inps, attuale Direttore generale della Consob. 

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