Pensioni, anticipo boom. Metà delle domande rischia il rinvio

Già 11mila richieste. Le risorse sono insufficienti

Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti (Ansa)

Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti (Ansa)

Roma, 22 giugno 2017 - L'eccesso di successo dell’Ape social e dell’uscita anticipata per i precoci rischia di far saltare il banco delle risorse stanziate. E, dunque, a meno di nuove coperture, di lasciare a secco la metà dei potenziali candidati alla conquista dei due strumenti per andare in pensione prima delle scadenze ordinarie. A quattro giorni dallo sblocco dell’operazione, sono complessivamente 11.363 le domande presentate all’Inps. Un vero boom di richieste che, con lo stesso trend, potrebbe portare entro il 15 luglio, data di chiusura, a ben oltre 120mila istanze, il doppio di quelle ipotizzate dal governo.

Matteo Renzi canta vittoria: «Dai tempo al tempo e scopri che oltre 10mila persone aderiscono all’Anticipo pensionistico (Ape), voluto con forza nei MilleGiorni per consentire ad alcune categorie di lavoratori di andare in pensione prima, nonostante la legge Fornero. La misura funziona». L’ex premier si dice convinto che avrà successo anche la cosiddetta Ape volontaria, ancora in stallo «per i soliti ritardi delle burocrazie centrali».

Il problema, però, è che l’Ape social (completamente gratuita) e l’anticipo per i precoci con 41 anni di contributi stanno diventando fin troppo appetibili. Tant’è che alle 16 di martedì sono state conteggiate dall’Inps 7.638 domande di certificazione delle condizioni di accesso all’Ape sociale e 3.725 di quelle per il pensionamento anticipato dei lavoratori precoci. E ieri, secondo indiscrezioni, il totale ha superato ampiamente le 16mila richieste. In testa alla classifica la Lombardia, seguita da Veneto, Sicilia, Lazio, Toscana, Emilia-Romagna e Piemonte.

Con questo trend è facile immaginare che si supererà il tetto delle 60mila richieste fissato dal governo al momento della definizione della norma: un limite a cui corrisponde la copertura finanziaria di 300 milioni di euro per l’Ape e di 360 per l’anticipo per i precoci.

Risorse che appaiono insufficienti a finanziare l’accoglimento di tutte le possibili domande. Con la conseguenza che i richiedenti entreranno in una graduatoria che l’Inps predisporrà entro il 15 ottobre: e a quel punto la prestazione o la pensione anticipata scatteranno per coloro che saranno più vicini all’età per la pensione di vecchiaia (67 anni e 7 mesi in generale, salvo eccezioni per le donne del privato). Una tagliola che, a meno di nuovi stanziamenti per il 2017, potrebbe escludere metà dei possibili interessati che saranno ‘rimandati’ al 2018.

Questo, mentre proprio l’età pensionabile è finita al centro dell’ennesimo caso-pensioni: a fine anno – come stabilito a suo tempo dalla legge Fornero – il ministero del Lavoro e quello dell’Economia dovranno ratificare l’innalzamento dell’età pensionabile e degli altri requisiti contributivi dal 2019 sulla base della ‘speranza di vita’ certificata dall’Istat. All’improvviso, però, tutti (dalla Camusso agli esponenti politici di maggioranza e opposizione) si sono accorti che la scadenza si avvicina e sono partiti al contrattacco. Solo che, a meno di cambiamenti della legge, l’automatismo scatterà, come accaduto nel 2016 e nel 2013.

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