Venerdì 19 Aprile 2024

Dai mutui drogati al debito killer. Dieci anni dopo ancora nel tunnel

La bolla del 2007, lo choc Lehman Brothers. E ora la crescita zero

Lehman Brothers

Lehman Brothers

Milano, 24 aprile 2017 - Tutto è cominciato con un mutuo nel 2007. Per l’economia mondiale è stato un decennio difficile, dopo lo scoppio della bolla immobiliare americana, che ha portato alla madre di tutti i fallimenti. Il 15 settembre 2008 saltò in aria Lehman Brothers, incapace di far fronte al peso dei crediti inesigibili che pesavano sul suo bilancio: con 639 miliardi di dollari in asset e 619 miliardi di debiti fu la più grande bancarotta della storia. Un crollo che lasciò senza lavoro nel giro di una notte 25mila persone e segnò la fine di un’epoca iniziata negli anni ’80, quello dei guadagni facili, fatti di carta e derivati.

Ma anche un crollo annunciato per certi versi, visto che la crisi dei mutui subprime era già esplosa l’anno prima, con migliaia di famiglie americane incapaci di pagare mutui accordati senza troppe garanzie. Dieci anni dopo i mercati finanziari sono in parte cambiati, ma il mondo intero si porta ancora le tossine di quella stagione.

Dalla crisi scatenata dal denaro facile siamo passati a un’altra crisi, che non si è ancora risolta. All’origine c’erano i tassi ridotti a zero dalla Fed per ridare fiato all’economia americana dopo lo scoppio della bolla della Net Economy e l’attentato alle Twin Towers dell’11 settembre 2001. Le banche inondate di dollari offrirono a un numero crescente di famiglie l’opportunità di accendere un mutuo, in maniera quasi indiscriminata, grazie alla deregolamentazione dei mercati finanziari voluta dall’amministrazione Bush, che consentiva alle banche di assumere rischi sempre più alti. Tutti guadagnavano da questo meccanismo, fin quando è durato: l’edilizia, gli agenti immobiliari, gli istituti bancari e tanta gente diventata proprietaria di una casa. Ma poi c’è stata la ripresa e la Fed nel 2005 ha cominciato a far risalire i tassi, rendendo rapidamente insolventi molte famiglie con un mutuo a tasso variabile. Nel frattempo la massa dei mutui era diventata moneta di scambio fra gli istituti, che avevano emesso titoli derivati, il cui rendimento era garantito dalle ipoteche sugli immobili. Così sembrava che il rischio complessivo associato a queste emissioni fosse limitato.

In realtà, nel giro di poco tempo dal rialzo dei tassi la bolla immobiliare scoppiò e i prezzi delle case crollarono, annullando il valore delle ipoteche. Di conseguenza crollarono anche le quotazioni dei titoli derivati, riducendo il valore dei portafogli di molte banche e limitando la loro possibilità di finanziarsi sul mercato. Ormai quei titoli erano dovunque, soprattutto negli hedge fund e nei fondi pensione. In questo modo la crisi dei mutui subprime ha innescato un fallimento dopo l’altro e la peggiore crisi economica mondiale dalla Grande depressione degli anni Trenta.

A dieci anni dallo scoppio della bolla immobiliare, la situazione non è ancora del tutto risolta. Barack Obama, tra le prime riforme del suo mandato, ha incassato la legge Dodd-Frank, che limita la speculazione sui derivati. Ma che ha trovato infiniti ostacoli. Osteggiata in Senato, con l’obiettivo di non renderla applicabile, oggi il destino della Dodd-Frank pare segnato: il presidente Trump ha ripetuto più volte che la vuole cambiare (e di fatto demolire).

Nonostante a livello internazionale siano stati presi accordi per evitare che le banche si assumano rischi superiori al dovuto, l’incertezza resta. Soprattutto in Europa. La ripresa risulta un miraggio: se la Germania è tornata a correre gli altri Paesi restano a guardare. L’Eurozona è avvolta nella stagnazione nonostante i tassi negativi e l’immissione sul mercato di oltre mille miliardi di euro da parte della Bce. Abbiamo evitato mega fallimenti spettacolari, ma il veleno dei derivati resta nel sistema. In Italia sono presenti nel portafoglio del Tesoro, soprattutto sotto forma di Irs (interest rate swap), e tra il 2000 e il 2005 sono dilagati nei bilanci di Regioni, Province e Comuni. Il primo allarme derivati è scoppiato all’inizio del 2012, quando il Tesoro è stato costretto a chiudere una serie di contratti con Morgan Stanley, versando alla banca 3,1 miliardi di euro in due tranche. E non è ancora finita. Molte banche, dal Montepaschi alle Popolari venete, restano appesantite dai crediti inesigibili e avranno bisogno di interventi dello Stato per salvarsi. La crisi non allenta la morsa. Dal crac Lehman sono passati quasi nove anni, ma il segno lasciato resterà, probabilmente, indelebile.

1- continua

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