Telefoni, bollette con la tredicesima. Il governo: norma contro i rincari

Il Tar si pronuncerà solo in febbraio sulla fatturazione a 28 giorni

Telefonini (Afp)

Telefonini (Afp)

Milano, 14 settembre 2017 - L’hanno già chiamata la tredicesima dei telefoni. O meglio delle grandi compagnie che gestiscono le reti di comunicazione. L’idea di accorciare da 30 a 28 giorni la fatturazione si è tradotta in un rincaro dell’8,6%. Pari, secondo i calcoli delle associazioni dei consumatori su dati dell’Agcom, a 34 euro in più all’anno per le famiglie e a un extra incasso, su una ventina di milioni di linee fisse e Internet comprese le aziende, di 938 milioni. Contro la furbata del calendario accorciato sono già scesi in campo l’Antitrust e l’Agcom, ma senza successo. Adesso sembra che voglia provarci il governo. Lo ha confermato ieri la ministra per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, che rispondendo a un’interrogazione rivolta al titolare del Mise, Carlo Calenda, ha ricordato che «non è in discussione la libertà degli operatori di formulare nuove offerte commerciali» ma anche che «non possono essere messi in discussione i principi fondamentali di tutela e trasparenza a favore degli utenti». Così, ha spiegato che il ministero «sta valutando segnalazioni specifiche all’Antitrust e un intervento normativo» a supporto dell’obiettivo.

L’invenzione dei 28 giorni sarebbe cominciata un paio d’anni fa con Wind seguita da Vodafone e poi da Tim e Fastweb. Se tutti gli operatori avessero deciso un analogo aumento delle tariffe, avverte Carlo De Masi, presidente di Adiconsum, «si sarebbe parlato di cartello». Così, invece, la manovra è sfuggita alle maglie dell’Antitrust – sebbene il Garante sia intervenuto con tre sanzioni – e dell’Agcom. Con la delibera 121/17 a marzo l’Authority guidata da Angelo Marcello Cardani aveva obbligato gli operatori a rispettare, per quanto riguarda la telefonia fissa, fibra e Adsl e le cosiddette offerte convergenti con Internet e mobile (che invece resta escluso) la fatturazione a 30 giorni per motivi di trasparenza e informazione agli utenti.    A giugno sono scaduti i 90 giorni concessi dall’Agcom per mettersi in regola ma i grandi operatori telefonici non l’hanno fatto. Forti anche della dura reazione dell’associazione di categoria Asstel-Assotelecomunicazioni che rivendicando la libertà d’impresa e la concorrenza ha bollato l’intervento dell’Agcom come «privo di basi giuridiche». Da qui sono partiti i ricorsi al Tar che dovrebbe pronunciarsi il 22 febbraio, mentre l’altra via sarebbe quella, confermata ieri dalla Finocchiaro, di affrontare il problema con una norma che potrebbe essere inserita nella legge di Stabilità. Il rischio, chiosa il presidente di Adiconsum, è che i 28 giorni siano estesi ad altri settori. Lo ha già fatto, sul fronte delle pay tv, Sky che dal 1° ottobre introdurrà il calcolo sulle quattro settimane. Chi dice che non ci penseranno anche le aziende della luce, del gas o dell’acqua?

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