Martedì 23 Aprile 2024

Impero Esselunga, i figli di Caprotti contro la vendita

Rebus successione: le due offerte dei fondi Usa potrebbero essere congelate

Un supermercato Esselunga (Newpress)

Un supermercato Esselunga (Newpress)

Milano, 2 ottobre 2016 - Bernardo Caprotti, mitico patron di Esselunga, se n’è andato alla vigilia della firma per la vendita dei suoi supermercati. Ora il rebus della successione, per questo padre-padrone che non aveva mai voluto spartire lo scettro del comando, resta di difficile soluzione. Non si esclude la quotazione in Borsa, visti i rapporti difficili fra gli eredi, che potrebbero ritirare il mandato affidato a Citi dal padre per la vendita dell’impero di famiglia. Caprotti, che aveva litigato con i due figli più grandi Giuseppe e Violetta, contro cui aveva appena vinto una lunga causa, era da mesi in trattativa per la cessione della sua creatura a diversi fondi di private equity. In primis Cvc Capital Partners e Blackstone. Di recente si era aggiunto anche il londinese Bc Partners.   La catena della grande distribuzione è valutata tra i 4 e i 6 miliardi di euro, a seconda che vengano considerati o meno immobili e aree di sviluppo. Non proprio a buon mercato. Ma Esselunga è considerata un gioiellino, con un giro d’affari di 7,3 miliardi nel 2015 (in crescita del 4,3% rispetto all’esercizio precedente), un margine operativo lordo di 625 milioni (+20%) e un utile netto di 290 milioni (+37%). Per di più la catena porta in dote un brand icona della grande distribuzione italiana e della rinascita del dopoguerra, con i suoi 153 punti vendita nel redditizio Centro-Nord Italia.    Grazie all’alleanza di Caprotti con Nelson Rockefeller, il primo punto vendita di Esselunga aprì il 27 novembre 1957 nei locali di un’ex officina di viale Regina Margherita a Milano: gli italiani vennero così a contatto, per la prima volta, con carrelli, casse e soprattutto con il vasto assortimento di prodotti a cui siamo abituati oggi. Da allora, Caprotti è stato l’anima della catena di supermercati, in cui ha messo tantissimo lavoro ma anche il suo pessimo carattere. Nel 2007, con il libro ‘Falce e carrello’, aveva sferrato un attacco durissimo al sistema della cooperative e ai supermercati Coop e per questo era stato condannato a risarcire Coop Italia con 300mila euro.    In teoria, Caprotti aveva rinunciato a tutte le funzioni operative nel 2013, ma continuava ad avere l’ultima parola su ogni decisione strategica che riguardasse Esselunga. Con i figli, in particolare con il primogenito Giuseppe, aveva rotto i rapporti dagli anni Novanta, quando aveva ceduto in un primo tempo e poi ripreso da un momento all’altro la maggioranza delle azioni della società, suscitando l’ira degli eredi. Certo è che l’imprenditore non intendeva vendere ad altri operatori del settore dopo che in passato, a più riprese, si era parlato di trattative con l’americana Walmart, la britannica Tesco e la spagnola Mercadona. Ma ora che lui non c’è più, tutto può accadere.

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