Venerdì 19 Aprile 2024

Almaviva chiude a Roma e Napoli: tagli per 2.511 posti

Conti in rosso, l'azienda riduce drasticamente il personale. Ieri i lavoratori avevano scritto a Renzi, lamentadosi dei trasferimenti di oltre 150 operatori del call center di Palermo

Protesta dei lavoratori Almaviva (Ansa)

Protesta dei lavoratori Almaviva (Ansa)

Roma, 5 ottobre 2016  - Drastica riduzione del personale per Almaviva Contact, il gruppo italiano attivo nell'Information & Communication Technology a livello globale. L'azienda "ha annunciato oggi l'apertura di una procedura di riduzione del personale, all'interno di un nuovo piano di riorganizzazione aziendale". Prevede "la chiusura dei siti produttivi di Roma e di Napoli ed una riduzione di personale pari a 2.511 persone riferite alle sedi di Roma (1.666persone) e Napoli (845 persone)". La decisione è stata presa in seguito "al drastico aggravamento del conto economico e dei risultati operativi". 

LA LETTERA A RENZI - La notizia giunge dopo che ieri le Rsu di Fistel Cisl, Slc Cgil, Uilcom Uil e Ugl  avevano scritto una lettera al premier Matteo Renzi per sollecitare un intervento sulla decisione di Almaviva Contact di trasferire 154 operatori su 398 del call center di Palermo a Rende, in Calabria, già dal 24 ottobre, per la dismissione di una commessa Enel, che scade a dicembre. Nella lettera si chiedeva di "ridare dignità ai circa 80 mila lavoratori dei call center, che ogni giorno, con professionalità e col sorriso sulle labbra, forniscono ai cittadini italiani assistenza di tipo amministrativo, tecnico e commerciale per conto delle maggiori aziende fornitrici di servizi del Paese, a cominciare dai lavoratori di Almaviva".

I lavoratori di Almaviva nutrivano preoccupazione per i conti in rosso della società, con lo spettro di una ristrutturazione aziendale a Palermo. "A quattro mesi dalle trionfalistiche dichiarazioni di 'salvataggio' dei lavoratori Almaviva - si leggeva nella missiva - ci si ritrova come in un déjà vu a dover rivivere le ansie e le angosce di una prospettiva priva di futuro. Ancora una volta la nostra azienda minaccia di riaprire le procedure di licenziamento collettivo perché, a suo dire, non ci sono i presupposti di tenuta dell'accordo, sofferto e contestato, sottoscritto il 31 maggio scorso. Un accordo siglato nelle stanze del Governo, al Mise, e che, proprio per questo motivo, ha fatto pensare che le cose sarebbero andate diversamente. La decisione, presa nelle ultime ore, di deportare 154 lavoratori, per lo più part-time, da Palermo a Rende (Cosenza-Calabria), costringendoli quasi certamente ad autolicenziarsi, non va esattamente in questa direzione". Al premier i sindacati chiedevano l'applicazione dell'art.24 bis, lotta alle gare al massimo ribasso, creazione di un fondo di investimento per l'innovazione del settore, applicazione della clausola sociale per dare garanzia di continuità occupazionale e consolidamento dei diritti acquisiti, come previsto dall'accordo siglato al Mise. Oggi, la doccia fredda per i lavoratori, con l'annuncio dei tagli a Roma e Napoli.

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