Venerdì 19 Aprile 2024

Alitalia, un'azienda costata al Paese come mezza finanziaria

I governi hanno speso 8 miliardi per salvataggi impossibili. Adesso meglio i libri in tribunale "No" dei dipendenti, bocciato il piano industriale

Manifestazione dei dipendenti Alitalia a Fiumicino (ImagoE)

Manifestazione dei dipendenti Alitalia a Fiumicino (ImagoE)

Roma, 25 aprile 2017 - Quella dell’Alitalia è una storia maledetta e non esistono scuse. Fino a oggi è costata al paese come una mezza finanziaria, cioè 7-8 miliardi di euro. Nessuno ricorda più quando ha guadagnato due soldi. E ora che nel referendum tra i dipendenti hanno prevalso i no, non resta che portare i libri in tribunale, a meno che lo Stato non metta sul tavolo un altro pacco di soldi, al buio. È dalla fine degli anni Ottanta che si sa che occorrevano provvedimenti drastici. L’amministratore delegalo di allora, Carlo Verri, lo aveva spiegato molto chiaramente: «Da sola non può stare in piedi, bisogna fare accordi a livello europeo».   Morto Verri in un incidente stradale, si è preferito tirare avanti. L’Alitalia come pennacchio del paese e serbatoio per raccomandati, a spese della finanza pubblica. Nel 2007, con Prodi presidente del Consiglio, si cerca di affrontare la questione. Se ne discute con i tedeschi. E Prodi riesce a convincere la cancelliera. Tutto sembra andare a posto. Ma, all’ultimo minuto, gli amministratori della Lufthansa dicono di no. Adducendo la seguente motivazione: «Non vogliamo avere a che fare con sindacati come quelli dell’Alitalia».

FOCUS: Come funzione l'amministrazione controllata

Prodi, che è un testardo, si rivolge persino ai cinesi: «Così portate qui i vostri turisti – suggerisce – e siete a due passi dall’Africa, che a voi interessa molto, con una vostra compagnia aerea».  I cinesi sono ingolositi dall’offerta, ma si stanno organizzando e hanno bisogno di qualche anno ancora. Ma i conti Alitalia sono così tremendi, e non migliorabili, che la fretta cresce. Alla fine si riesce a convincere l’Air France. La compagnia francese è solida, le condizioni sono buone e tutto sembra andare per il verso giusto. Ma il governo Prodi cade dopo meno di due anni e arriva Berlusconi. E il Cavaliere, sempre attento al marketing, comincia a sventolare il tricolore. 

Non possiamo privarci della nostra compagnia di bandiera. Sarebbe un’umiliazione grave. Ma come si fa? Lo Stato si accolla un po’ delle perdite pregresse, Banca Intesa si mobilita e arrivano i capitani coraggiosi (grosso modo gli stessi che avevano appena fatto un grande affare con la Telecom). Colaninno, che li guida, è un bravo manager, è uno che sa quello che fa. E quindi prova a risanare la società. Ma non c’è niente da fare. Come aveva detto Verri, e come sapeva benissimo Prodi, senza un accordo europeo non si va da nessuna parte. E, alla fine, anche Colaninno getta la spugna. Preferisce, giustamente, dedicarsi alle sue aziende (motociclette), che almeno sono un business in crescita. 

SCHEDA: Cosa prevedeva il pre-accordo

Dopo i capitani coraggiosi non ci sono più molte risorse. Miracolosamente, si pesca la Etihad, di Abu Dhabi. Nuovi manager, nuovi soldi, nuove rotte, nuove idee. Ma il risultato è sempre un disastro. Fino allo show down di questi giorni: altri soldi pubblici, in cambio di riduzione del personale e taglio degli stipendi. E quindi referendum fra i dipendenti, molto contrari. L’Alitalia, questa è la verità, è un cadavere che da almeno quindici anni si rifiuta di morire. Ma questa volta è proprio a due passi dalla fossa.

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