Venerdì 19 Aprile 2024

E' l'ora delle scelte

Andrea Margelletti

L’ENNESIMO dramma del mare pone al centro non solo le vittime dei barconi ma piuttosto il convitato di pietra dell’immobilismo che ha caratterizzato questi mesi. E’ inutile nascondersi, l’Italia è stata volutamente lasciata sola. I nostri amici ed alleati sono assai più interessati a sviluppare commerci nei paesi dell’ex Patto di Varsavia e a digrignare i denti contro l’orso russo, piuttosto che avere il buon senso di partecipare agli sforzi che l’Italia ha in splendida solitudine fatto nel Mare Nostrum. Sia chiaro, anche noi abbiamo le nostre colpe. Per troppo tempo abbiamo sperato che nascondere la polvere, anzi meglio sarebbe dire la sabbia, sotto il tappeto potesse far pensare ad una casa pulita. La Libia è una nostra responsabilità, ma dai tempi del bel suol d’amore abbiamo voluto guardare a Tripoli e non all’intero Paese. Ora molti si strappano le vesti, «non dovevamo attaccare la Libia», «aveva ragione Berlusconi», «tutta colpa dei perfidi francesi che ci hanno trascinato in questa avventura», questi sono i refrain che si ascoltano nei salotti o nei corridoi dei passi perduti. Non si ha il coraggio, o la conoscenza, di ammettere che la Libia del cavallerizzo Gheddafi era sì una tavola imbandita, ma le gambe del tavolo erano marce.

 

QUANDO il segretario di stato Usa Sumner Welles disse a Franklin Delano Roosvelt «Somoza è un bastardo», il padre del New Deal rispose «Sì, ma almeno è il nostro bastardo».Gheddafi forse lo è stato ma noi non ci siamo assolutamente preoccupati di creare in trent’anni una classe dirigente libica che fosse figlia dei complessi equilibri tribali e non solo di una famiglia che esportava pessimi calciatori o frequentatori di starlette. Lungimiranza, cinica attenzione agli interessi nazionali, giammai peggio che l’ebola per la classe politica italiana che spesso considera per politica estera quello che avviene oltre il Grande raccordo Anulare di Roma. Eppure di occasioni ne abbiamo avute tante, basti pensare all’uso che Francia e Gran Bretagna fanno delle loro Scuole Militari dove formano le leadership future dei Paesi a loro alleati. Ma noi niente, dritti e coerenti con la barra del timone puntata verso il nulla, salvo poi dare la colpa ad altri della nostra insipienza o ancor peggio urlare al disastro quando non si è fatto abbastanza per evitarlo. Siamo davanti ad una migrazione biblica di milioni di persone che nei prossimi decenni cambierà il volto dell’Europa. Non sono solo i conflitti ad accelerare questo processo ma piuttosto i cambiamenti climatici e la desertificazione dell’Africa sub sahariana.

 

LA LIBIA oggi non solo è una scommessa ma piuttosto un’opportunità per una politica nuova. Per un intervento “ibrido” tra operazione militare ed umanitaria. Costruire alleanze tribali nuove per ottenere Governi rappresentativi. Impiegare le nostre Forze Armate senza ambiguità sapendo che se ci vogliono lasciare da soli siamo in grado di fare anche senza gli altri, perlomeno dal punto di vista operativo, se non politico. Palazzo Chigi in questi mesi

ha voluto dare un’immagine diversa e assai più dinamica dell’Italia. Seppure sia parzialmente vero che Difesa ed Esteri non portano voti, il peso di un Paese nel proscenio internazionale si misura esattamente in quei due contesti. E’ il momento di trovare una strategia duratura che armonizzi un Mediterraneo che non sia un cimitero con le disattenzioni delle nazioni centroeuropee. Renzi, Gentiloni e Pinotti ne hanno titolo e capacità. Confidiamo nel coraggio…