"Ragazzini divorati dalle pasticche". Il guru dei trapianti: è una trincea

"Sostanze dagli effetti imprevedibili", l'allarme del professor Pinna

Sala operatoria

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Bologna, 30 luglio 2015 - DICONO così: ‘Smetto quando voglio’, quanti ne ho visti. E le loro famiglie? Sono sotto choc. Beh, di certo non si aspettavano di arrivare qui, tra operazioni e trapianti». Il professor Daniele Antonio Pinna conosce bene i ragazzini che si bevono la vita o la bruciano nei pochi decimi di secondo in cui si ingoia una pasticca. È considerato il mago dei trapianti in Italia e da lui e dal suo reparto, qui al policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, parte la seconda vita dopo lo sballo.

Professore, lei si occupa soprattutto di trapianti di fegato e rene: che tipo di ragazzi arrivano da voi? "Di ogni tipo. Giovani, anche giovanissimi. Ne ho visto di recente uno di 16 anni, l’abbiamo sottoposto a un trapianto. Era uscito con amici più grandi e s’è drogato pure lui. È finito su una barella...".

L’impressione è che spesso non sappiano ciò che fanno. "O non lo considerano importante: pensano sia normale o di poterne uscire. Uno si era regalato l’ecstasy per i 18 anni. Un altro ancora ha rischiato di morire dopo una serata in discoteca per far colpo sugli amichetti. La verità è che i nostri figli non pensano ai danni che la droga provoca".

E le famiglie? "Sono impreparate. I genitori che vedo a volte sospettano che i figli facciano uso di droghe, ma magari pensano a droghe leggere. Questo problema è enorme".

Eppure le statistiche del Ministero della Salute dicono che i decessi o i ricoveri per epatiti o intossicazioni da alcol e droga sono in diminuzione. Come mai? "Il dato crudo è questo. Ma è un dato sporcato da quello che si verifica. I giovani bevono sempre di più e il consumo di vino in Italia è in diminuzione. Quindi aumenta quello di superalcolici".

E la droga cosa c’entra? "Per reggere l’assunzione smodata di superalcolici e il binge drinking (l’abbuffata di cocktail, ndr), si prendono eccitanti. Si inizia con le bibite energetiche e si finisce con la cocaina, l’ecstasy e sostanze chimiche che nemmeno conosciamo. E questo è il problema".

Sarebbe a dire? "Ci sono così tante sostanze che non abbiamo i kit per riconoscerli; non sappiamo nemmeno più cosa cercare. Ed ecco perché le statistiche ufficiali non ‘registrano’ tutto e i casi calano. Il problema in realtà è in aumento: solo al Sant’Orsola, nel 2014, abbiamo avuto 680 accessi al pronto soccorso nei weekend per l’assunzione di alcol ed eccitanti. In sintesi: la discoteca è un po’ come il Tour de France".

Come il doping? "Sì, perché i nostri ragazzini aumentano il consumo di alcol grazie agli eccitanti, ma non sappiamo più di quali droga si tratta. E anche la tossicità di queste sostanze è imprevedibile".

Quanta droga serve per arrivare a un trapianto? "Non si può dire. Alcol e droga, che vanno sempre a braccetto, sono una bomba esplosiva difficile da maneggiare. A volte basta una pasticca".

Si arriva al trapianto. Ma c’è anche un dopo. "Una volta trapiantati, i ragazzini non capiscono cosa sia successo. Pensano sia tutto uguale a prima. Ecco perché li seguiamo passo passo, parlando con le loro famiglie e convocandoli a incontri regolari in ospedale".

Qualcuno ci ricasca? "Sì, certo. Poi, quando arrivano a 30 anni, si guardano indietro e si svegliano all’improvviso: ‘Prof, ma cos’è successo?’"