Giovedì 18 Aprile 2024

Gli steroidi della Germania rossa. Sportivi drogati fin da bambini

Oggi più di un centinaio sono malati. "Dovevamo battere l'Ovest"

Ines Geipel con la compagna della staffetta dell'84

Ines Geipel con la compagna della staffetta dell'84

Berlino, 10 novembre 2015 - La Germania, un paese diviso in due, ma fino al 1989 un solo Doping Land, scrive il settimanale Die Zeit. Tedeschi dell’est e tedeschi dell’ovest divisi dal muro e uniti dalla pratica diffusa di drogare i loro atleti. Ma dall’altra parte, nella Ddr rossa, si drogava ‘meglio’. "Perfino i fratelli sovietici sono gelosi di noi", si può leggere, oggi, un quarto di secolo dopo, negli archivi del ministero orientale della Sanità, e in quello dello sport. Nella Germania capitalista, ovviamente, il doping era lasciato all’iniziativa privata, anche se tacitamente e ipocritamente sovvenzionata dallo Stato. Nella Germania comunista, il successo sportivo, da ottenere costi quel che costi, era semplicemente un affare di Stato, centralizzato, burocratizzato e spietato. Quindi, otteneva più successo. Si può dire, ironicamente ma non tanto, che il doping era l’unico campo in cui il sistema socialista si dimostrava superiore.    Nel 2010, uscì il libro confessione del funzionario della Ddr, Thomas Köhler, 75 anni, che raccontava le pratiche di Berlino Est nello sport, Die Zwei Seiten der Medaille, le due facce della medaglia. Su 200 pagine, appena una ventina però erano dedicate al doping. "È vero – mi disse in un’intervista –, si impiegavano sostanze chimiche e ormoni per aumentare le chance di vittoria, ma lo facevano tutti, all’est e all’ovest". Innegabile, ma voi avete rovinato decine di giovani. "Tutti erano al corrente dei rischi – rispose –, ma tutti volevano assolutamente vincere e si affidavano ai medici. Adesso non possono sostenere di essere state delle vittime ignare". Una tesi, spiegata nel libro, che suscitò una reazione violenta da parte degli atleti della scomparsa Ddr che, raggiunta la quarantina, cominciavano a manifestare i primi effetti collaterali di un doping spinto. Alcuni si ammalavano di cancro, altri avevano problemi sessuali.  "Il libro è un’unica menzogna", dichiarò Ines Geipel, campionessa nella staffetta 4 per cento, che nel 1984 conquistò il record del mondo. "Fu un record criminale – ammette –, ma io ero all’oscuro". Oggi riceve una pensione come indennizzo per i danni riportati al tempo del ‘muro’. Per la Ddr era una questione di prestigio nazionale dimostrare di essere superiore ai ricchi fratelli dell’ovest.    Si praticava, si può dire, anche un doping sociale. Una medaglia alle olimpiadi garantiva benessere, una casa, poter studiare nella facoltà preferita, un privilegio riservato a pochi e poter viaggiare all’ovest. Un sogno proibito riservato a pochi. I giovani erano disposti a tutto, e anche i genitori. Padre e madre venivano misurati e studiati, quando i figli andavano ancora all’asilo, per prevedere lo sviluppo fisico dei bambini, che venivano indirizzati alla specialità sportiva più adatta, dal nuoto all’atletica, e sottoposti per anni ad allenamenti ossessivi.  Era stata istituita una centrale nazionale per il doping, che controllava tutto gerarchicamente, dai laboratori medici a Berlino, fino alle società sportive in provincia. Le Olimpiadi di Roma nel 1960 furono le ultime in cui le Germanie parteciparono insieme. Dopo, la concorrenza divenne sempre più accanita fino a raggiungere l’apice alla vigilia dei Giochi di Monaco nel 1972. La Ddr doveva assolutamente battere l’altra Germania, e ci riuscì: 20 medaglie d’oro contro 13.    Anche i medici occidentali praticavano un uso diffuso del cosidetto ormone della crescita, ma i colleghi dell’est non conoscevano limiti. Heidi Krieger, nata nel 1966, a 14 anni aveva già un fisico possente, e cominciò a vincere nei campionati internazionali di categoria, fino a conquistare il record mondiale del lancio del peso e del disco. La sua carriera finì subito dopo la riunificazione nel 1991, per gravi problemi di salute. Oggi Heidi si chiama Andreas, ha cambiato sesso a causa dell’Oral Turinabol, uno steroide prodotto dalla Jenapharm. In un solo anno, nel 1986, le furono somministrate 2.590 milligrammi, una quantità folle. Un esempio fra molti, ma oggi sono un centinaio gli ex atleti della Ddr che si devono sottoporre a cure psichiatriche per superare il ‘trauma da medaglia’. Hanno problemi di concentrazione, e soffrono di epatiti e altri disturbi che ne condizionano la capacità lavorativa. Chi si trova ad essere invalido riceve al massimo una pensione di novemila euro all’anno, poco più dell’assegno sociale che equivale al minimo vitale. Eroi della Ddr a vent’anni, vecchi a quaranta nella Germania unita.