Mercoledì 24 Aprile 2024

Disaccordi pericolosi

di Alessandro Farruggia

SI È DETTO molte volte, in questi decenni di vita repubblicana, che spesso (e volentieri) la magistratura si è fatta carico della latitanza della politica. Questo è storicamente vero e rischia di essere vero anche sul fronte della lotta al terrorismo jihadista, in particolare sullo spinoso tema del rischio di infiltrazioni nei flussi migratori. Argomento politicamente scorretto, certo, ma la cui fondatezza è emersa anche in recenti d ocumenti jihadisti scoperti da un centro di ricerca britannico. Ci piaccia o no, negli ambienti radicali islamici c’è qualcuno che, pragmaticamente, accarezza l’idea. Ci piaccia o no, i fondamentalisti sono così politicamente scorretti che possono benissimo usare dei disperati per i loro fini, e farlo senza rimorsi. Sinora la linea dei partiti di governo era netta: il rischio c’è, ma non ci sono assolutamente riscontri. Lo ha detto in tutte le salse il ministro dell’Interno Angelino Alfano, che solo recentemente è parso più possibilista. E il governo, a partire dal suo collega degli Esteri Paolo Gentiloni, è stato in sintonia.

 

QUANDO a Londra Gentiloni si è fatto sfuggire qualcosa che sembrava in controcanto («i rischi di infiltrazione sono notevoli») ha subito precisato che era stato male interpretato e che «confondere terrorismo e immigrazione, oltre che un regalo al terrorismo, è una idiozia». Detta così, è chiaro che una confusione grossolana certamente è una idiozia, ma negare il rischio potenziale di infiltrazione low cost o il possibile uso dei barconi per compiere attacchi terroristici alle navi civili che li soccorrono è una altra storia, e rischia di produrre una pericolosa sottovalutazione. I magistrati lo hanno capito. Quelli di Palermo, che indagano da mesi su possibili segnali di infiltrazione raccolti nei barconi e in alcuni centri di accoglienza. Ma anche il Procuratore nazionale antimafia e quello di Reggio Calabria, che sembrano dire che il re è nudo. Minimizzare il rischio per evitare di dar fiato al razzismo potenziale, rischia di esporci a spiacevoli risvegli. Non fare di tutta l’erba un fascio è una buona e saggia pratica, ma anche parlare una unica lingua tra poteri dello stato, sarebbe cosa opportuna. Oggi più che mai serve condivisione e coordinamento. E serve una politica che abbia coraggio. Al punto che se una minaccia esiste, sappia dirlo. Senza generalizzazioni, senza facili strumentalizzazioni o tagli d’accetta, ma con rigore analitico. Pane al pane e vino al vino. Per evitare che ancora una volta la magistratura corra e la politica arranchi, freni, distingua. E finisca spiazzata. Rischio grave sempre, ma che qui rischia di provocare morti che si potrebbero evitare.

di Alessandro Farruggia