Mercoledì 24 Aprile 2024

IL PERSONAGGIO / Di Pietro, l’ora della confessione. "In politica sono stato un disastro"

«Pensavo solo ai voti. Razzi? Scelto a caso». Il ritorno alla campagna dall'inviato Leo Turrini

CINCINNATO Antonio Di Pietro davanti al simbolo del partito lasciato a ottobre. Sopra, con i suoi asini nella tenuta a Montenero di Bisaccia (Newpress, Ansa)

CINCINNATO Antonio Di Pietro davanti al simbolo del partito lasciato a ottobre. Sopra, con i suoi asini nella tenuta a Montenero di Bisaccia (Newpress, Ansa)

MONTENERO DI BISACCIA (Campobasso), 9 novembre 2014 - «MI SONO sempre reinventato: operaio, poliziotto, magistrato, leader politico, ministro. Però, adesso lo ammetto: a 64 anni, il futuro è un’ipotesi…».

Antonio Di Pietro, do you remember? Due decadi fa, nel 1994, l’Italia intera si fermò per assistere in diretta tv alle sue dimissioni da magistrato. È passata una vita, è passata la gloria.

«Ma io non ho nostalgia di quel periodo, della popolarità estrema – sospira l’ex pm – Mi creda, non vivo di ricordi. E poi manco me ne ero accorto, in verità».

Di cosa?

«Di essere così celebre, tra il 1992 e il 1993. Io pensavo solo alle mie inchieste. E non mi sono mai sentito un mito».

Sul serio?

«Insomma, sa perché ho preso la laurea in giurisprudenza? Perché mi piacevano le ragazze e l’università era il luogo ideale per incontrarne tante».

Ma la laurea è vera o finta?

«Mò gliela faccio vedere. Tesi in diritto costituzionale».

Insomma, non se l’è goduta. La gloria, mica la laurea.

«Manco per idea. Stavo facendo Mani Pulite, le copertine di Sorrisi e Canzoni chi le guardava?».

Adesso non esageriamo.

«Eppure è così. E comunque rimpianti non ne ho».

Le dava fastidio l’adulazione?

«Non è stata una sorpresa scoprire che gli amici veri erano e sono sempre quelli della mia Arcore».

Prego?

«La mia Arcore è Montenero di Bisaccia, dove son tornato a fare il contadino. Solo che qui non trova Olgettine, ma conigli, polli, asini. Ho anche due maiali da duecentocinquanta chili l’uno».

A Report direbbero che…

«Ah, la Gabanelli! Mi sono suicidato con quell’intervista. Farmi passare per un proprietario di chissà quanti immobili! Comunque ho sbagliato io, dovevo pretendere la diretta tv...».

Non ci ha fatto una gran figura, caro Di Pietro.

«E mò ne parliamo al processo, visto che ho fatto causa».

Sempre in tribunale torniamo...

«Pensi che di risarcimenti per le bugie che mi hanno versato addosso in vent’anni ho incassato circa due milioni di euro. Ma vuol sapere una cosa? La soddisfazione economica non compensa le amarezze. Perché qualcuno che ancora crede a certe balle ciclopiche rimane, me ne accorgo dagli sguardi della gente. Come si dice? Calunniate, calunniate, qualcosa resterà. Purtroppo, è vero».

Beh, qualcosa avrà sbagliato anche lei, no?

«Perbacco, in politica sono stato un disastro».

Viva l’autocritica.

«Prima che lei mi citi De Gregorio, Scilipoti e Razzi, confesso io. Da leader, mi sono comportato come un Casini o un D’Alema. Alla fine mi interessavano solo i voti, il quorum da far scattare. Sa come nasce Razzi deputato?».

Temo il peggio.

«Faccio un comizio a Basilea per l’Italia dei Valori, vedo uno dai capelli bianchi in prima fila e dico: lei, come si chiama, perché non si candida? Quello si alza e dice: beh, se me lo chiede… Era Razzi. Invitai la platea a votarlo, prendemmo il deputato nella circoscrizione europea, lui ebbe le preferenze dei presenti e buonanotte».

E ora Di Pietro è fuori dal Parlamento, mentre Razzi e Scilipoti ci stanno.

«Io ho sbagliato e pago, ma mi ha fregato Napolitano».

Prego?

«Avesse sciolto le Camere a fine 2011, invece di inventarsi Monti, oggi Bersani sarebbe premier e magari io ministro».

Ministro la voleva anche Berlusconi, vent’anni fa.

«Ero pm, fu Scalfaro a mandarmi nello studio di Previti. Silvio mi voleva agli Interni, per completare il capolavoro».

Tradotto?

«Berlusconi sapeva che Mani Pulite prima o poi sarebbe arrivata a lui. Aveva due scelte: San Vittore o le Bermuda. Invece, come in un telequiz di Mike, prese la terza busta, quella di Palazzo Chigi. Con me al governo, avrebbe fatto bingo».

Sinceramente, si è mai pentito di quel rifiuto?

«A volte, quando mi chiedo cosa farò da grande, scherzando mi dico: ah, Tonino, ma se avessi accettato…».

dall'inviato Leo Turrini