Giovedì 18 Aprile 2024

di MARIO FORNASARI

INVERNESS «NULLA è più creativo di una nazione che nasce»: parola di James Bond, cioè dello scozzese Sean Connery, fede indipendentista e portafoglio al sicuro in lontani paradisi fiscali. All’incirca la metà dei suoi connazionali, però, non la pensa come lui. Voterà contro il divorzio di Edimburgo da Londra e forse vincerà il referendum di giovedì prossimo: una sfida all’ultima scheda che si gioca casa per casa, in piazze e pub, dentro le fabbriche, in uffici e scuole. Meraviglia la ‘battaglia stradale’ combattuta lungo le principali arterie di comunicazione, lungo le quali sorgono grappoli di grandi cartelli: lo ‘yes’ dei sostenitori dell’indipendenza della Scozia contro il ‘no thanks’, il no grazie dei favorevoli al mantenimento dell’attuale matrimonio con Westminster. «SONO stato a lungo incerto, alla fine mi sono convinto e voterò contro la scissione», confida Arthur, agricoltore trentenne e proprietario di un paio di grandi aziende. «Meglio la sterlina dell’euro, meglio la Gran Bretagna dell’Europa», ammette con un sorriso accattivante. Coltiva grano e malto, come pure frutti di bosco, fragole e ortaggi grazie a serre sterminate che garantiscono produzioni impossibili a questa latitudine, fino a pochi anni fa. Con un bel fuoristrada bianco controlla che i suoi cartelli pro Londra non vengano sabotati dai nazionalisti, senza grandi risultati per dire il vero. Perchè gli ‘yes’ spuntano come funghi anche sulle facciate delle case e dei negozi, mentre i ‘no’ paiono più riservati soprattutto fuori dalle grandi città e lontani dalle tv made in England. «DA SECOLI ci battiamo per l’indipendenza, speriamo sia la volta buona» si augura Morgan nel suo bed and breakfast affacciato sul mare del nord a Crail, minuscolo paese di pescatori a dieci minuti d’auto da St. Andrews, cuore mondiale del golf. Chiama a raccolta dalla memoria i mille anni di sangue e guerre epiche con gli inglesi, gli eroi leggendari Wallace e Bruce, il palazzo di Scone dove venivano incoronati i re scozzesi indipendenti che giuravano sulla pietra del destino. E poi la guerra civile e lo sconvolgimento delle Highlands, il secondo conflitto mondiale, gli eterni dissapori su tasse e tributi fino agli scontri con Margaret Thatcher. Che gli ricorda molto l’Angela tedesca. «I RICCHI votano per il no, la povera gente è tutta per l’indipendenza che garantirebbe una vita migliore per tutti», si sbilancia un arrabbiato portuale di Fraserburgh, sulla costa settentrionale dei Grampiani, che accoglie nelle acque trasparenti e protette dai moli la flotta oceanica della pesca industriale e le foche attratte dal cibo facile in caduta dalle reti. Eduard, marinaio, ha parere opposto e indica i suoi colleghi orientali: «Sono arrivati da noi perché l’Europa non ha più lavoro, meglio restare con il Regno Unito». Insomma, la paura della Ue sembra spesso fare da scudo dovunque al desiderio di indipendenza. Un po’ meno a Nord, dove i nazionalisti sembrano in grande maggioranza: quassù a Inverness, capitale delle Highlands appollaiata a una manciata di paralleli sotto l’artico, il loro dominio pare schiacciante. Leader locali e militanti volenterosi improvvisano banchetti e improbabili comizi, con pochi mezzi e molta volontà. Cornamuse e kilt si ritrovano proprio a una settimana dal voto e sfilano per le vie della cittadina evocando e amplificando lo spirito dell’indipendenza, tra orgoglio di appartenenza e applausi della gente al passaggio dei colori del loro clan. «HO 26 ANNI e da sedici attendo questo referendum», sospira Douglas, impiegato con il viso da bravo ragazzo e la parlata sciolta, nel pub schierato con gli ‘yes’ e squassato da buona musica live. «Londra ci sottrae ricchezza e dignità, ora tenta di ricattarci ma la Scozia giovedì saprà liberarsi», urla per farsi largo tra le note assordanti. Ci crede. Proprio il voto giovanile (andranno al seggio i sedicenni, per la prima volta) pare aver ribaltato i risultati dell’ultimo sondaggio che vedono in testa i nazionalisti nelle terre dei cento castelli integri o rattoppati, di leggende e fantasmi, whisky e salmone, tra paesaggi mozzafiato e piattaforme petrolifere, aquile e delfini, orche giganti e pulcinelle di mare, tra palloni da rugby, palle da golf e pale eoliche da risparmio energetico. Ma piccolo e indipendente è davvero una soluzione per lo Stato in un pianeta dominato da giganti economici e finanziari? Nazionalisti e ‘better together’ (meglio insieme al Regno Unito) hanno comune molti slogan e chiamano i cittadini al voto «non per paura ma per speranza, non per il passato ma per il futuro, non per tradizione ma per le ambizioni». E riflettono su un antico termine gaelico, Alba. Che significa Scozia.