Sabato 20 Aprile 2024

Il mito del Duca Bianco: Bowie, 50 anni di rock

Tra inediti e nostalgia il meglio della sua musica. Il 25 e 26 novembre il docufilm della mostra allestita a Londra e dedicata tutta a lui

David Bowie, 67 anni, in concerto (Lapresse)

David Bowie, 67 anni, in concerto (Lapresse)

Marco Mangiarotti

MILANO, 19 novembre 2014 - NOIR e bianco sporco è l’ultimo autoritratto, il multiplo della carriera di David Robert Jones, alias Bowie. Cinquant’anni, dal 1964 al 2014, in 3 Cd e doppio vinile. La musica e l’arte, il travestimento e il mimo, l’elettronica e il rumore, il jazz come punto di partenza e di arrivo, perché «Nothing Has Changed» dice il titolo della raccolta. Mentre esce nei cinema, il 25 e il 26 novembre, «David Bowie is», il docufilm della mostra al Victoria and Albert Museum. Nel frattempo, niente è cambiato. Tutto ha cambiato. Dagli anni ’50 di «Absolute Beginners», il cult movie di Julien Temple, dove canta «Volare» per Patsy Kensit. Un film che incrocia la sua biografia, il bop e la beat generation, i ragazzi radical chic e la periferia shock di Brixton.

Dove nasce nel 1947, madre cassiera, padre reduce. Studi tecnici, passione per musica e arte. Fats Domino e Little Richards, ma anche l’avanguardia jazz che il fratello Terry Burns gli fa conoscere. «Terry è stato l’inizio di tutto - racconta –. leggeva un sacco di scrittori beat e ascoltava Eric Dolphy e John Coltrane. Era un ribelle». Nel 1958 compra il sassofono bianco e chiede lezioni al suo idolo Ronnie Ross. Commento: «Bisogna lavorarci sopra, è terribile». Ronnie poi suonerà il solo di «Walk on the Wild Side» di Lou Reed, perché nulla è casuale. «Per me il sassofono era il simbolo di quella libertà». Lui ha sempre voluto capire, frequentava i locali per aprire gli occhi e «riempirmi le orecchie». La nuova musica coincide con il nuovo cinema, free, come nel corto di Michael Armstrong «The Image», il suo debutto «orribile» nel 1967 da attore.

È IL PERIODO dell’incontro con Lindsay Kemp, che definisce i movimenti consapevoli di David in scena. Più del glam rock di Marc Bolan. La Factory di Warhol è il simbolo della nuova industria culturale, New York l’ambigua frontiera. Incontra Jacques Brèl e Lou Reedd, Brian Eno e Steve Reich (Hello!). Il suo interesse per l’Oriente, la fotografia, le mostre e il cinema, la comunicazione visuale, ne fanno un artista totale. Strania il rock, va con Lou Reed a Berlino e ne assorbe il suono industriale e scuro, esplora i meccanismi inconsci e primordiali della dance. Tutto si ritrova nel singolo “Sue” (In a Season of Crime), il piglio brechtiano, una big band della West Coast. «Se il jazz è il sound of surprise, Bowie lo ha finalmente trovato», scrive il “Telegraph”. La raccolta in 3cd con rarità e inediti, “Sue” e “Tis a Pity She Was a Whore”. Per i fan. dal 1970 “Let Me Sleep Beside”, dal 1971 l’outtake di “Shadow Man”. Il remix di James Murphy per “Love Is Lost” (Hello Steve Reich). “Your turn to drive”, “Wild Is The Wind” (2010 Harry Maslin Mi)» e “Young Americans” (mix single edit). “All The Young Dudes” stereo mix, “Life On Mars?” (2003 Ken Scott Mix). Io scelgo “Where Are We Now”. Uno standard meraviglioso.