Mercoledì 24 Aprile 2024

L’urlo di D’Alema contro Renzi: "Abbiamo perso 2 milioni di voti"

Scontro nel Pd. Lotti: «Si presenti alle primarie e al congresso 2017»

Massimo D'Alema (Lapresse)

Massimo D'Alema (Lapresse)

Roma, 28 agosto 2015 - GIÀ LA DATA – 8 settembre – mette i brividi. E poi la temperatura. Che sale. Non solo per il celeberrimo anticiclone delle Azzorre. Ma perché, proprio quel giorno, Palazzo Madama riaprirà le sue porte alle riforme costituzionali. E le posizioni nel Pd restano immutate. Altro che pontieri. Altro che mediazioni. L’impressione è che il romanzo democratico non abbia alcun lieto fine. Anzi: che si vada verso lo scontro frontale. Con gli Stivali delle Sette Leghe dello scrittore Charles Perrault, autore di Pollicino.

IERI, a Milano, alla festa dell’Unità, ci si è messo anche Massimo D’Alema. Che sembra intenzionato a non lasciare, nonostante le sberle ricevute e la quasi totale perdita di controllo del Pd, la scena politica. La sua analisi sul momento che sta attraversando il partito è ferocemente impietosa. L’ex leader usa uno scoppiettante repertorio polemico. A detta di D’Alema, infatti, i democratici sono a «un bivio». Per tanti motivi. A partire dai numeri. «I sondaggi – sibila – ci danno oggi al 30%. Ci siamo persi per strada 2 milioni di elettori, qualcosa sarà successo». E ancora: «Non dico che bisogna sempre ispirarsi al passato (frecciata dopo le critiche del premier all’antiberlusconismo, ndr), ma nemmeno sputarci sopra per far finta di essere grandi».

Sul futuro, D’Alema non esita a indicare qual è il bivio: «Il Pd si trova davanti a una scelta drammatica. O allearsi con forze conservatrici nel nome di una resistenza contro il populismo, ma vedere esaurire il suo ruolo. O ricostruire una prospettiva di centrosinistra. Sono due linee alternative», puntualizza. Anche perché «non ho l’impressione che il Pd cerchi di esercitare un grande ruolo sulla scena europea. Se i governi socialisti europei fanno a gara a tenersi buona la Merkel, in questa gara il governo italiano non è fuori, non sta altrove con la spada della crescita sguainata». Insomma, una linea improntata alla battaglia soda che, se non evoca scenari di scissione (da sempre avversati con forza dal presidente di ItalianiEuropei) certamente non rendono più distesa l’atmosfera proprio quando si cominciano a sentire spifferi di elezioni anticipate.

Come è ovvio, le parole usate a Milano non sono affatto piaciute al fronte renziano. E, a replicare, scendono in campo pezzi da novanta. Come Luca Lotti, fedelissimo (non solo politicamente) di Renzi e sottosegretario alla presidenza del Consiglio: «Reduce da felici circumnavigazioni estive, l’onorevole presidente D’Alema sostiene che il Pd abbia perso 2 milioni di voti. Come noto, invece, nelle ultime elezioni nazionali del 2013 ha preso il 25,2% con la guida di Pier Luigi Bersani e nel 2014 il 40,8% con la guida di Matteo Renzi». Poi, ecco il classico guanto di sfida: «Le prossime elezioni nazionali si terranno nel 2018. Se il presidente D’Alema ritiene di poter far meglio di Renzi avrà la possibilità di candidarsi nel congresso del 2017. Lo attendiamo impazienti per un confronto con gli iscritti e con i partecipanti alle primarie. Fino a quel momento, tuttavia, parlano i fatti: grazie alla segreteria Renzi il Pd è al 40,8%; con buona pace dell’on. D’ Alema». E conseguente perfido finalino: «Diciamo»...