{{IMG_SX}}Bologna, 10 marzo 2008 - La società di calcio più gloriosa d'Italia precipitata in serie B, lo scandalo di Calciopoli, la Triade e la faticosa risalita nell'olimpo del pallone. C'è tanto calcio nel nuovo libro di Giampiero Mughini "Juve. Il sogno che continua" (edito da Mondadori). Ma non solo quello, anzi. C'è il racconto del nostro Paese visto con gli occhi dell'estate del 2006.

 

"Perchè il massacro massmediatico e di giustizia sportiva della Juve è un dramma dell'intera storia italiana, perchè travolge simboli ed emozioni possenti. Non è robetta di poco conto l'umiliazione del popolo juventino, i dieci milioni e passa di italiani cui una bella mattina è stato sparato nel muso che la loro squadra era un'organizzazione a delinquere".

 

Mughini ripercorre quell'estate che ci regalò il quarto titolo mondiale con una squadra che era in gran parte composta da quella Juventus che era appena stata spazzata via dopo aver vinto tutto. Mughini ripercorre i dodici anni della Triade costellate di grandi vittorie, compresi quegli ultimi due scudetti poi revocati dalla giustizia sportiva. E' in queste pagine che Mughini rivendica la sua simpatia per il grande accusato Luciano Moggi. "A me proprio questo piaceva di Lucianone, che lui stesse talmente fuori da quel salotto chic che ho in sommo disprezzo. Che si fosse arrangiato in tutti i modi per uscire dal suo destino originario di impiegatuccio delle ferrovie. L'ho scritto più volte, Lucianone è un personaggio che mi è sempre piaciuto letterariamente".

 

Mughini attacca con un gran numero di documenti quel processo-lampo basato esclusivamente sulle intercettazioni che distrusse un'era bianconera. Attacca il difensore della società, quell'avvocato Zaccone che quasi rassegnato arrivò a chiedere la serie B con penalizzazione senza provare a chiedere quello che chiedevano le altre società implicate nello scandalo: ovvero rimanere in serie A. Ma ce n'è anche per gli eredi di Gianni e Umberto Agnelli, colpevoli di aver scaricato la Triade e di aver passivamente accettato la discesa agli inferi della sua amata squadra. Mughini riconosce che Moggi e soci non erano dei francescani scalzi, ma la slealtà sportiva non era corruzione: "no money, no girls" sottolinea il giornalista e scrittore.

 

"Una sentenza pazzesca costruita sul nulla" aveva detto Enzo Biagi del processo di Calciopoli. Un'affermazione sposata in pieno da Mughini che arriva a paragonare Calciopoli e Tangentopoli, ovvero la volontà di trovare un capro espiatorio che paghi per tutti. Era stato il Psi di Craxi allora, questa volta è toccato alla Juve di Moggi.

 

Non mancano in queste pagine attacchi agli interisti, in particolare all'amico Beppe Severgnini, e a tutti quei giornalisti, definiti negazionisti, felici per l'allontanamento di Moggi, Giraudo e Bettega. Ma per Mughini non è ancora finita. Quello che la giustizia sportiva ha distrutto potrebbe essere restituito da quella ordinaria, sicuramente meno frettolosa. Non saranno i due scudetti meritatamente vinti sul campo, nè i giocatori venduti (Ibrahimovic, Cannavaro, Zambrotta, Vieira... ), nè l'amarezza della serie B. Ma forse vedere riconosciuto che la Juve di quegli anni non era "un'associazione a delinquere". E se alla fine avesse ragione Mughini?