Giovedì 25 Aprile 2024

De Mauro e le parolacce dei politici

Il celebre linguista scomparso a 84 anni in un'intervista si divertiva a fare le pulci al linguaggio dei politici. Ma avvertiva: "Non è la causa ma è l'effetto di una tendenza generale"

Tullio De Mauro nel 2000 in Parlamento: allora era ministro dell'Istruzione (Ansa)

Tullio De Mauro nel 2000 in Parlamento: allora era ministro dell'Istruzione (Ansa)

Roma, 5 gennaio 2017 - Tullio De Mauro, scomparso oggi a 84 anni, ha fatto anche le pulci al linguaggio della politica, di cui pure aveva fatto parte dal 2000 al 2001. In una recente intervista a Lapresse - che risale al 3 febbraio scorso - il linguista si è divertito a commentare le pessime abitudini dei politici in fatto di parolacce e cattive maniere.  Quello che succede in Parlamento, per De Mauro, "non è la causa ma è l'effetto di una tendenza generale al parlare un po' 'scollacciato'". 

"Abbiamo fatto un lavoro di accertamento del vocabolario di alta frequenza in uso in italiano, confrontabile con quello che era stato fatto nel 1970 e ripreso nel 1980 - raccontava il professore - Ebbene, a trenta e più anni di distanza una delle novità più clamorose è che emergono nel vocabolario di alta frequenza, usato in testi di ogni tipo, un bel gruppo di male parole". Insomma la politica specchio di un Paese nel quale sul fronte insulti spesso non si sa tenere la lingua a posto... e a volte neanche le mani.

"Negli anni Settanta e Ottanta le parolacce esistevano naturalmente - sosteneva De Mauro - ma non comparivano con grande frequenza ed erano piuttosto marginali: non apparivano negli scritti né sui giornali, ma prevalentemente nell'avanspettacolo. Invece adesso dilagano. Soltanto i testi accademici sono, almeno per ora, privi di male parole. Ma giornali, letteratura, romanzi, teatro, cinema, televisione, perfino aule giudiziarie, vedono frequentemente occorrere il gruppetto delle male parole più clamorose". E per dirla tutta "sulla stampa sono più presenti che nel parlato comune. I giornalisti si compiacciono nell'usarle", chiosava De Mauro. 

Tornando al turpiloquio dei parlamentari, al fenomeno siamo quasi abituati perché non è affatto recente: "l'abuso di male parole da parte dei politici risale almeno agli anni Novanta - diceva l'ex ministro - Negli anni '90 abbiamo fatto una raccolta di espressioni dei politici e posso assicurarle che abbondavano già allora". Per ricordare tempi migliori da questo punto di vista "bisognerebbe andare molto indietro e risalire forse a metà Novecento - spiegava De Mauro - alla Costituente, ma all'epoca in generale tutte le abitudini della politica erano più controllate. Anche perché c'era un livello culturale medio superiore".

"Il sospetto - aggiungeva il linguista - è che questi fenomeni eccessivi servano a coprire una scarsa capacità di usare le risorse più appropriate della lingua. Come l'abuso di anglismi che nasce per moda ma anche perché non si usano le risorse della lingua per dire le cose più comuni". Non c'è da stare allegri dunque, ma forse neanche da preoccuparsi troppo, diceva De Mauro, secondo il quale tutto sommato parolacce e gestacci, anche in politica restano sempre circoscritti "a usi molto marginali".

"Certo ci ricordiamo tutti di Berlusconi che diceva 'quelli che non sono d'accordo con me sono dei coglioni', però poi ha detto un altro milione di cose senza dire parolacce e tutti noi diciamo milioni di cose senza dirne - sosteneva - Questi fenomeni sono sgradevoli ma sono fenomeni di punta, abbastanza marginali: sono spume che ci colpiscono ma poi le onde del mare sono un'altra cosa. Siamo colpiti da un fatto e pensiamo che questo fatto stia sconvolgendo la lingua di Dante. Ma la lingua di Dante è molto più complicata e non si lascia sconvolgere tanto facilmente, neanche dalle cattive abitudini e dalle parolacce dei politici".