Giovedì 25 Aprile 2024

A Casa Buonarroti la mostra dedicata a Matilde di Canossa

La rassegna curata da Michèle K. Spike andrà avanti fino al 10 ottobre

La Contessa a lato del frontespizio di Donizone

La Contessa a lato del frontespizio di Donizone

Firenze, 22 agosto 2016 - Era il rigido inverno del 1077: scalzo e vestito solo di un saio, l’imperatore Enrico IV attese per tre giorni e tre notti prima di essere ricevuto e perdonato dal papa Gregorio VII, con l’intercessione di Matilde di Canossa. “Corde pio flagrans Mathildis lucida lampas” viene definita lei, splendente fiaccola che arde in un cuore pio, in “Donizone, Vita Mathildis” (libro II, prologo II). Splendente e... potente. E per alcune donne esistono onte che solo l’umiliazione più cocente può cancellare.

Prova ne è l’espressione “andare a Canossa” in segno di “giusta” sottomissione, che sancisce in ogni libro di testo l’importanza di Matilde, ricordata ancora oggi non solo nei luoghi canossiani, ma anche nelle città dove aveva donato fondi e terreni per la costruzione e il rinnovamento di quelle che sono passate alla storia come le “cento chiese”, tra cui Lucca, Mantova, Pisa, Volterra e Modena, quest’ultima con le famose sculture di Wiligelmo. Opere preziose e bellissime, visibili fino al 10 ottobre a Casa Buonarroti (via Ghibellina 70, Firenze), in occasione della rassegna "Matilda di Canossa, la donna che mutò il corso della storia". Ed è significativo che l’unica mostra dedicata a Matilde in occasione della ricorrenza del nono centenario della sua morte (1046-1115), si svolga a Firenze, città a lei cara, dove abitò dagli 8 ai 22 anni e dove nel 1078 fece costruire la “cerchia antica” delle mura fiorentine di dantesca memoria.

Teologi, giuristi, clerici e poeti frequentarono la corte di Matilde, certamente la più importante nel suo vasto territorio che si estese dal Tirreno all’Adriatico, da Mantova a nord fino a Tarquinia a sud. A Canossa, Matilde creò un’officina di artigiani, scribi e miniatori. Lo testimoniano pregevoli esempi esposti a Firenze, tra i quali uno “Psalterium Davidicum”, databile 1090-1100, e le “Orationes sive meditationes” di Anselmo d’Aosta, arricchite da un ritratto della Contessa: la vitalità della corte matildica è dimostrata anche dalla splendida Croce astile in oro, cristalli e gemme proveniente dal Museo Civico di Modena.

Nelle sale al piano terreno di Casa Buonarroti è così possibile ammirare circa 40 tra capolavori dell’arte medievale e documenti originali prestati da musei e istituzioni internazionali; antiche miniature contenute in manoscritti dell’epoca, ma anche opere più vicine ai nostri tempi, come il bozzetto per la tomba della Contessa in San Pietro, una deliziosa statuetta del Bernini raffigurante la Grancontessa, la santa alleata di Papa Gregorio VII, prima donna di potere in epoca medioevale.

Curata da Michèle K. Spike, la rassegna punta l’obiettivo sugli eventi straordinari della lunga vita di questa straordinaria figura di donna. Suggestiva l’ipotesi, accettata solo da parte della critica, che la Matelda sia stata inserita dal Sommo Poeta nella “Divina Commedia” come guida: una preziosa copia trecentesca e l’edizione ottocentesca illustrata dal Doré si riferiscono appunto a questa identificazione. E la fama di Matilde dovette contagiare anche Michelangelo: lo dimostra l’incipit della “Vita di Michelagnolo Buonarroti” di Ascanio Condivi, presente in mostra nella sua edizione originale del 1553, che recita “Michelagnol Buonarroti, pittore e scultore singulare, ebbe l’origin sua da’ conti da Canossa, nobile e illustre famiglia del territorio di Reggio sì per virtù propria e antichità, sì per aver fatto parentado col sangue imperiale… donde ne nacque la contessa Matilda, donna di rara et singular prudenza et religione”.

Una discendenza che sa di leggenda, alla quale Michelangelo volle però sempre prestar fede.