Reggio Calabria, 17 agosto 2012 - Se ne stanno sdraiati su un “lettino” da tre anni e nessuno sa esattamente quando potranno rimettersi in piedi, neppure ora che, curati adeguatamente, godono di ottima salute. Non c’è pace per i Bronzi di Riace, la loro odissea continua quarant’anni dopo il ritrovamento. Era il 16 agosto 1972, quando il sub romano Stefano Mariottini intravvide un’ombra sui fondali al largo della costa calabra. «Pensai a un cadavere», disse poi. Ma in realtà fu la più straordinaria scoperta archeologica del XX secolo: dalle sabbie rimersero «il Vecchio» e «il Giovane», due stupende statue di provenienza ellenica, del V secolo avanti Cristo. L’onesto Mariottini corse ad avvertire carabinieri e Soprintendenza. Insomma, li consegnò allo Stato e non al mercato clandestino. Poi fu gara su dove metterli e vinse Reggio Calabria, che dal 1995 li custodisce nel Museo Nazionale della Magna Grecia, lo stesso dal quale furono fatti sloggiare nel 2010 e dove dovrebbero ritornare non appena la risistemazione del palazzo ideato da Marcello Piacentini, l’"architetto del Duce", sarà terminata. Già, quando? La prima data strombazzata dalla Regione Calabria era il 17 marzo 2011, un modo per celebrare a parole i 150 anni dell’Unità d’Italia. Poi si parlò di autunno e adesso il soprintendente ai Beni archeologici, Simonetta Bonomi, confida molto in Babbo Natale per poter restituire al pubblico i Bronzi di Riace, nel frattempo curati e restaurati a Palazzo Campanella, sede del Consiglio Regionale.

Motivo del ritardo? Mancanza di fondi: ai 17 milioni di euro previsti se ne sono aggiunti altri 6, appena sbloccati dal Cipe. Il risultato, dicono a Reggio, sarà tale da fare invidia al Museo di Atene. I Bronzi, con i pinakes e i Dioscuri di Locri, il kouros di Reggio e l’Apollo di Cirò, saranno ospitati in un palazzo reso ancor più sbalorditivo dal restauro, con auditorium, biblioteche e terrazza panoramica. Ma sul prossimo rientro a casa delle due statue, qualche dubbio lo nutre anche il Comitato per la tutela e la valorizzazione: «Dobbiamo rendere possibile almeno la riapertura della sala destinata ai Bronzi», afferma Francesco Alì. Lo studioso Giuseppe Bragò però rilancia l’idea di prestarli ad altre città, per consentire una migliore “fruizione”. Raggiungere la punta dello Stivale per ammirarli sa infatti ancora di avventura, ma la Regione fa quadrato: «Sono il simbolo della civiltà occidentale - chiosa Mario Caligiuri, assessore alla cultura - che la Calabria ha l’onere e l’onore di custodire e valorizzare».

Ci si aggrappa alle cifre: 300mila persone sono andate a vedere i Bronzi di Riace negli ultimi tre anni, mentre erano dal “dottore”. Buon segno, aspettando che il turismo decolli? I pessimisti replicano ricordando che nel 2008 al Museo andarono 130mila visitatori, di cui solo 50.085 paganti: un terzo dello zoo di Pistoia. E l’anno dopo furono ancor meno. I supporter dei due splendidi guerrieri, il presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, in testa, non si scoraggiano e di cederli, in prestito o definitivamente, non se ne parla proprio. I Bronzi sono ormai un simbolo. La Regione li ha trasformati in due bulli che fanno a pari e dispari in uno spot, c’è chi li ha stampati sulla carta intestata e chi sulla carta igienica, e sono pure il logo di un peperoncino chiamato «il viagra della Calabria». Adesso si apprestano a festeggiare i 40 anni dalla riemersione con un convegno. Sempre aspettando che il Museo riapra i battenti.