Milano, 03 novembre 2011 -  CAPELLI che diventano lettere e note, una rete che ripesca gli amori e la memoria. Ricorda la copertina di un album anni ’80, “Duemilatrecentouno parole”, disegnata da Giorgio Forattini, l’esordio di Ornella Vanoni autrice. Davide Stanca firma invece la sovracoperta di “Una bellissima ragazza”, semplicemente “la mia vita” di Ornella, autobiografia (psic)analitica per Mondadori scritta con Giancarlo Dotto.
Dolorosa, nuda, felice come lei è oggi, a 77 anni, mentre si specchia nel titolo di una sua canzone. Ironica e crudele. «Non ho nessuna intenzione di ritirarmi, come Fossati, Milva, Antonacci e Vasco, perché se un artista non fa il suo mestiere diventa triste, perde l’anima. Muore. Invece cantare mi piace sempre di più, mi diverto, mi sento libera nel cuore».


Ma siamo qui per parlare di un’autobiografia bellissima. «Sono stata due settimane in Maremma con Giancarlo Dotto, non ho fatto fatica a raccontare anche le parti più dolorose della mia vita, il mio rapporto (malato) con Giorgio Strehler e impossibile con Gino Paoli. Entrando in dettagli pesanti. I miei paso doble con mio marito e Gino».
Il primo capitolo, L’uomo col cappotto, ci riporta nella Milano (nella Varese) borghese, sconvolta dalla guerra. Ho sempre pensato che Ornella avesse un linguaggio quotidiano letterario, colto e diretto, istintivo e profondo. Da scrittrice russa del Novecento, penso a Irène Némirovsky o Nina Berberova.


POLIGLOTTA, con le quattro lingue imparate all’estero in fuga da Milano. Gli autori letti in tedesco, faceva da interprete a Strehler, il francese. La differenza fra acqua e champagne. L’amore perduto con Hugo Pratt e gli altri... Le altre, Mina, Milva. Gli indispensabili amici e il gioco dell’Arca su cui mettere chi (Paoli no, perché si organizza da solo). La depressione e la conversione alla Chiesa Evangelica.
«Io sono felice, parlo con gli uccelli e con tutti i cani che incontro. Abbraccio le persone tristi. Vivo sola con un gatto di 23 anni. Mi sono autoinfibulata (il sesso è importante ma fuorviante), faccio le vacanze con pochi amici. A settembre darò un album alla Sony, prodotto da Mario Lavezzi, con le canzoni di un giovanissimo autore, Lorenzo Vizzini (bravissimo, fa un piccolo show case). Speriamo non finisca in pattumiera. Non ho mai avuto una voce così forte, mai cantato così bene, perché sono libera nel cuore. Quando non mi faranno più fare dischi pop, farò del jazz. E poi del folk, con la dentiera».


Sorride e spazza via un’altra leggenda: «Mai ritoccata. Solo un’operazione a 47 anni, a New York, per togliere un’orribile cicatrice sul collo. Poi acido ialuronico, si deve. Botulino mai». Strehler è il Maestro che l’ha plasmata, inventata (e plagiata), che le ha rubato la leggerezza dell’adolescenza con la sua sex addiction, la cocaina. Paoli leggerà di una brutta storia di foto, lei e lui nudi in una stanza, sparite e comparse su un giornale. Aggiunge. «Ho dovuto rovistare nel mio passato ma l’ho fatto senza dolore, senza odio o rancore. I passaggi più duri sembravano in terza persona. Giorgio era fragile e possessivo. Gino un uomo difficile, è un gatto non un cane. Entrambi mi hanno tradita, con amore».
 

Di Star Academy sottolinea i problemi, «il fatto che non siamo mai stati squadra. Non ci ho capito nulla». Le piace X Factor: «Mi ricorda Fox Crime, lo vedo sempre prima di dormire (quando muore il gatto compro un cane)».