Mercoledì 24 Aprile 2024

Yara, quelle sfere che accusano Bossetti: "Test chiave su quattro tredicenni"

Il Ris: centinaia di particelle di ferro su Yara, solo 9 sui coetanei

TRACCE Il furgone di Massimo Bossetti, in carcere con l’accusa di aver ucciso Yara Gambirasio Sopra,  la tredicenne uccisa (Ansa)

TRACCE Il furgone di Massimo Bossetti, in carcere con l’accusa di aver ucciso Yara Gambirasio Sopra, la tredicenne uccisa (Ansa)

Bergamo, 31 ottobre 2015 - LA QUESTIONE del Dna irrompe nell’aula della Corte d’Assise di Bergamo al processo per la morte di Yara Gambirasio. Ma non è solo contenzioso genetico nella dodicesima udienza del processo a carico di Massimo Giuseppe Bossetti. Nel suo ultimo giorno di deposizione il colonnello Giampietro Lago, comandante del Ris di Parma, consulente della procura e teste dell’accusa, parla di un test singolare effettuato su quattro ragazzi tredicenni, la stessa età di Yara.

I fatti. Uno strumento particolare che abbina un microscopio elettronico ai raggi X e che ingrandisce le particelle 200mila volte più di uno strumento tradizionale svela agli esperti del Ris la presenza sul giubbotto e i leggings di Yara di centinaia di microscopiche sferette di metallo, fatte di ferro, come componente prevalente, cromo, manganese e altri metalli. Si accerta che non è il risultato di una contaminazione con il terreno del campo di Chignolo d’Isola dove, il 26 febbraio del 2011, è stato ritrovato il corpo. Effetto, allora, di una contaminazione ambientale?

"CI SIAMO chiesti – spiega il capo del Ris – come una ragazza con una vita normale, fra scuola e palestra, potesse avere addosso tutte quelle particelle. Abbiamo fatto dei controlli su quattro ragazzi, figli di colleghi, più o meno coetanei di Yara". Su due dei quattro non viene trovata alcuna sferetta, su uno ne vengono rintracciate quattro, su un altro cinque. Nove sferette in tutto. Si passa ad analizzare le tute di persone che lavorano il ferro, fabbri, tornitori, e ne vengono individuate a 'migliaia'. Ultima fase: la campionatura del sedile dell’autocarro Iveco Daily dell’imputato. Le analisi svelano migliaia di quelle particelle, stessa forma, identica composizione. "Un dato coerente – conclude Lago – anche dal punto di vista quantitativo. Sul cadavere dovevano esserci sferette in misura inferiore rispetto all’automezzo: infatti sul furgone dell’imputato ce n’erano a migliaia, sul corpo di Yara a centinaia". Insorgono gli avvocati del muratore di Mapello. Claudio Salvagni e Paolo Camporini sollevano una nube di «perché». Perché un test su ragazzi parmigiani e non della zona di Yara? Perché non su Keba Gambirasio, che si presume frequentasse gli stessi ambienti della sorella minore? Perché non sui familiari? Perché non sui compagni? E gli operai dove lavorano, che attività specifica svolgono?

I LEGALI del muratore di Mapello chiedono che vengano esaminate tutte le sferette. La Corte si riserva. La difesa tenta di penetrare nel castello dell’accusa. Riesce a farsi dire che non è stata eseguita l’analisi chimica dei leggings di Yara (dove sarebbero rimaste fibre rilasciate dal sedile dell’autocarro di Bossetti) e che non è stata fatta la comparazione con i sedili delle auto dei Gambirasio, il bus di linea, i due furgoni del centro sportivo di Brembate di Sopra. Nel castello preso d’assalto resiste la cittadella: il Dna nucleare di "Ignoto 1" rimasto su Yara, poi risultato compatibile al 99,99 periodico con il nucleare dell’imputato. Solo il Dna nucleare, ribadisce Lago, "ha valenza identificativa di una persona". La difesa insiste: il Dna mitocondriale trovato sulla vittima non corrisponde al nucleare e non è compatibile con il mitocondriale di Bossetti. Quindi il mitocondroale (che identifica la linea materna) "assolve" l’imputato. Posizioni antitetiche. È il "cuore" di un lungo processo.