Martedì 23 Aprile 2024

La rivoluzione di mister WhatsApp. "La tecnologia dev’essere semplice"

Il fondatore dell’app miliardaria all’Osservatorio Giovani-Editori

Jan Koum e Andrea Ceccherini

Jan Koum e Andrea Ceccherini

Firenze, 15 ottobre 2016 -  «NIENTE pubblicità, niente giochi. Niente trucchi», scrisse su un foglio di carta a 10 anni. Quasi un mantra per un tipo come Jan Koum, che, 30 anni dopo, grazie a quei principi, ha inventato una app che ha un miliardo di utenti e che lo ha reso un milionario di successo. Che bella storia quella di Jan Koum, ovvero il Signor WhatsApp, che ieri è arrivato a Firenze ospite di Andrea Ceccherini a tagliare idealmente il nastro della nuova edizione del progetto di media-literacy dell’Osservatorio permanente Giovani-Editori. «È una storia che infonde fiducia e coraggio, perché ti insegna che se vuoi, puoi», ha spiegato lo stesso Ceccherini introducendo l’ex ragazzo ucraino che, dopo un’infanzia di privazioni, si trova oggi a gestire un patrimonio di 9,2 miliardi di dollari. L’apoteosi del self made man.

KOUM, abbigliamento casual, sul palco non si è risparmiato. Accompagnato dal presidente Rai Monica Maggioni e dal direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, non ha avuto remore nel ricordare la sua infanzia difficile, in quell’Ucraina dove ogni conversazione telefonica oltre a essere controllata era anche difficoltosa: «Voi – ha detto sorridendo – avete l’iPhone da quando siete nati, io non avevo neppure il telefono in casa». E siccome «tutto ciò che si vive da bimbi torna a galla», non è un caso che poi lo sviluppo di WhatsApp sia ruotato proprio attorno a questi principi: semplicità e privacy assoluta.

Koum, l’uomo della rivoluzione semplice della messaggistica. Gli chiedono se la tecnologia può entrare in conflitto con la democrazia e lui: «Sarebbe un po’ come chiedere a un medico se ha fiducia nella medicina. Nella storia i cambiamenti non sono mai stati apprezzati subito. Dalla rivoluzione industriale ai Beatles, le critiche rispetto al nuovo ci sono sempre state. Ma non è certo questa una ragione per fermare il progresso tecnologico». Casomai, sembra aggiungere, perché questo sia efficace serve che la tecnologia sia semplice e affidabile. Un suo marchio di fabbrica. Lo si vede anche da come affronta i giovani venuti ad ascoltarlo. Loro a fargli domande con termini complicati, «l’Europa post alfabetizzata», «i garanti dei dati personali», e lui a rispondere con una terminologia accessibile a tutti. Quella stessa semplicità che gli ha permesso di battere colossi del settore come Skype. E che lo ha reso ricchissimo: per avere la sua società, Facebook due anni fa ha staccato un assegno da 19 miliardi di dollari. «Ma non pensate che siano rimasti tutti nelle mie tasche – ride – ci sono stati tanti avvocati coinvolti, e poi molti dipendenti hanno beneficiato di quei soldi. Se ho cambiato vita? No. Ho la stessa casa di prima, gli stessi amici, faccio lo stesso lavoro».

«Ma com’è possibile che non abbia cambiato proprio niente?», lo incalza una ragazza. E lui. «Beh, in effetti qualcosa è cambiato. Vado ad eventi come questo...».