Venerdì 19 Aprile 2024

Soldati e barriere, l'Italia blinda le città

Decisiva per la sicurezza l'esperienza maturata negli anni di piombo. Dal 2015 effettuate 199 espulsioni: tre erano imam

Misure e controlli rafforzati dopo la strage di Barcellona (Newpress)

Misure e controlli rafforzati dopo la strage di Barcellona (Newpress)

Roma, 19 agosto 2017 - La preoccupazione è sempre presente. Nessuno può garantire che l’Italia non finisca nel mirino del terrorismo: la sicurezza non è una saracinesca che tiri giù e buonanotte, chi sta fuori sta fuori. È, piuttosto, una rete fatta di maglie, dove è sempre possibile che qualcosa si infili. È fuorviante cullarsi nell’idea che, per qualche misterioso santo in paradiso, l’Italia venga risparmiata.

I paesi non vengono attaccati per quello che fanno, ma per quello che rappresentano. E noi abbiamo moltissimi simboli che gli estremisti sono interessati a colpire: il modo di vita, la cultura, lo sport, i luoghi emblematici come il Vaticano. Ragion per cui il ministro dell’interno Minniti spiega che "il livello di minaccia non cambia" ma le maglie vengono strette e le misure rafforzate. Più soldati sulle strade mentre i possibili obiettivi restano sotto osservazione: dagli aeroporti ai poli artistici fino ai momenti aggregativi, che siano sagre paesane o concerti. Sono previsti più controlli su stazioni, alberghi, bed and breakfast, spazi pedonali, autonoleggi e così via; a Milano come a Roma, considerata città ad alto rischio, la vigilanza viene potenziata. Il Viminale procede sulla strada imboccata, convinto sia quella giusta; oltre alla griglia delle manifestazioni programmate, ha chiesto ai prefetti un check up delle direttive già emanate per verificarne il rispetto: dalle aree di prefiltraggio laddove si ipotizza un forte afflusso di persone – sottolinea la circolare appena emanata – all’adozione di barriere per impedire l’accesso di veicoli nelle aree pedonali. Non solo: dopo quello nazionale, si riuniranno in tutto il paese i comitati per la sicurezza provinciali. Intelligence e collaborazione in materia di prevenzione tra forze dell’ordine sono i binari su cui si muove lo ‘scudo’ italiano frutto dell’esperienza maturata, sia dal punto di vista legale che dal punto di vista investigativo nella lotta contro il terrorismo negli anni '70 e alla criminalità organizzata. Lo schema ereditato dal passato è seguito anche per monitorare chi è in carcere, con particolare attenzione ai soggetti a rischio di radicalismo religioso. Già: sul campo si è capito quanto sia importante mantenere un costante dialogo a livello operativo. Di qui la creazione del Comitato di analisi strategica antiterrorismo (C.a.s.a): un tavolo permanente tra forze di polizia, agenzie di intelligence e guardia di finanza per condividere informazioni.

Per la delicatezza del momento, ieri l’ha presieduto lo stesso Minniti; di solito la riunione è guidata dal direttore centrale della polizia di prevenzione. Altro fattore centrale è la politica delle espulsioni: non è un caso se a Ferragosto Minniti ha ricordato che quelle per ragioni di sicurezza hanno registrato un vero e proprio boom (67 rispetto alle 37 dell’anno scorso) con un aumento dell’81% e 199 espulsioni a partire dal 2015, inclusi tre imam. C’è da dire che, rispetto ad altri paesi, noi abbiamo una immigrazione più recente, meno ‘frustrata’ e forse meno suscettibile alla propaganda Isis e alla radicalizzazione. L’assenza di quartieri separati dove, per dire ci sono i pachistani da una parte e gli indiani dall’altra come succede in Inghilterra, o la mancanza di luoghi come le banlieue parigine sembra favorire l’integrazione. Tutto ciò, assieme a un tessuto sociale fatto di centri medio-piccoli, potrebbe facilitare il monitoraggio della situazione.