Sabato 20 Aprile 2024

Terremoto, Enzo Boschi: "Si potevano evitare tante vittime"

L'Aquila, Emilia e Amatrice: per l'esperto trascurate le conoscenze acquisite

Un uomo estratto vivo dalle macerie durante il sisma di Amatrice

Un uomo estratto vivo dalle macerie durante il sisma di Amatrice

Roma, 3 novembre 2016 - Nel 2009 a L’Aquila, nel 2012 in Emilia e nel 2016 ad Amatrice i terremoti hanno provocato più di seicento vittime, migliaia di feriti, decine di migliaia di senzatetto con la vita sconvolta e danni valutabili in molti miliardi di euro. Il numero delle vittime e dei feriti poteva essere drasticamente ridotto se si fosse fatto un uso responsabile delle conoscenze della sismicità italiana messe assieme nell’ultima trentina d’anni di attività di ricerca. Vediamo come e perché.

L’AQUILA 2009 - Nella Mappa di pericolosità sismica pubblicata nel 2006, l’Abruzzo e l’Aquilano appaiono con i valori massimi del territorio nazionale. Se il vicecapo della Protezione civile il 31 marzo 2009, prima della riunione della Commissione grandi rischi, si fosse astenuto dal fare dichiarazioni tranquillizzanti in tv e se fosse stata accettata la richiesta dello stato di emergenza del sindaco de L’Aquila, il numero delle vittime sarebbe stato molto ridotto se non addirittura nullo. Il terremoto si verificò il 6 aprile provocando 309 vittime. Da circa tre mesi nell’Aquilano era in corso uno sciame di piccole scosse. Il 17 febbraio e il 12 marzo l’Ingv aveva inviato alla Protezione civile due comunicati evidenziando l’alta pericolosità della zona.

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Il terremoto aquilano ha avuto grande risonanza per il processo alla Commissione grandi rischi, che in primo grado si concluse con la condanna di tutti i partecipanti alla riunione del 31 marzo. Successivamente in Appello si arrivò all’assoluzione piena con la condanna del solo vicecapo della Protezione civile. Conclusione confermata dalla Cassazione.

In appello fra l’altro, si tenne conto della testimonianza del sindaco de L’Aquila Massimo Cialente che aveva seguito la riunione del 31 marzo. «Dalla riunione – disse – uscii affatto tranquillizzato, Boschi si espresse in maniera tutt’altro che rassicurante. Dichiarai lo stato di emergenza e misi in moto la macchina comunale di Protezione civile, non ho partecipato a rassicurare la città...».

EMILIA 2012 - Anche in questo caso il rischio era chiaramente mostrato nella Mappa di pericolosità sismica. Nel 2012 in Emilia si ebbero due scosse, il 20 e il 29 maggio. In quest’ultima si ebbe il più alto numero di vittime. Dopo la prima scossa, la Grandi rischi non si riunì e non dette alcuna indicazione su come comportarsi, malgrado che in Italia i forti terremoti quasi sempre si verifichino a coppie se non a gruppi. Come, per esempio, in Belice 1968, Friuli 1976, Irpinia 1980, Umbria-Marche 1997, L’Aquila 2009.

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In occasione dei terremoti emiliani non si hanno notizie di comunicati ufficiali da parte dell’Ingv. La Commissione grandi rischi non dette indicazioni dopo il primo terremoto. Dopo la seconda scossa, convinsero il presidente del Consiglio dei ministri a dare l’allarme per la «significativa probabilità» di un forte sisma in prossimità di Ferrara che non si è mai verificato. L’8 giugno, in diretta televisiva, il presidente lanciò l’allarme che avrebbe dovuto lanciare venti giorni prima, salvando così la vita a 24 persone.

AMATRICE 2016 - Il 24 agosto di quest’anno: magnitudo 6 ad Amatrice con 298 vittime che ha dato il via a una sequenza molto attiva tuttora in corso. Questa volta, il giorno dopo il terremoto la Grandi rischi si riunì e dichiarò che «i dati disponibili non evidenziano anomalie nella sismicità nelle settimane precedenti che possano essere collegate all’evento principale». Non è stato specificato quali dati erano disponibili ma, osservando le sequenze sismiche del 1979, 1984, 1988, 1997-98 e 2009, c’era indubbiamente da aspettarsi che si sarebbe attivato il segmento appenninico fino ad allora rimasto tranquillo fra le due zone citate, ma nel lontano passato sede di fortissime scosse.

DI PIÙ , in una pubblicazione del 2012 su una prestigiosa rivista scientifica, era stata evidenziata per quella zona un’elevatissima probabilità di una forte sisma. Certo non una previsione in senso stretto ma chiare evidenze indipendenti che imponevano precauzioni adeguate. Addirittura non potevano e non possono tuttora essere escluse scosse con magnitudo fino a 7 Ricther. C’era da aspettarsi che in quell’area negli ultimi tre-quattro anni si fossero installati strumenti per registrare eventuali anomalie. C’era anche il tempo per mettere in sicurezza gli edifici strategici e intraprendere azioni per mitigare il rischio. Neanche in questo caso ci sono stati comunicati ufficiali dell’Ingv.

PERSONAGGI della nuova gestione della Commissione grandi rischi e dell’Ingv, nominati in seguito al completo azzeramento determinato dal processo aquilano, avevano affermato che «non si dovrebbe sottovalutare il rischio possibile e in ragione di ciò si dovrebbero adottare comportamenti adeguati» disponendo di una «fenomenologia da molto tempo nota agli scienziati competenti che permette una concreta capacità previsionale». Al vertice dell’Ingv c’è adesso addirittura chi nel 2010 aveva affermato che «sulla base di quella esperienza (L’Aquila 2009 ndr ) abbiamo imparato moltissimo che possiamo applicare per il futuro e cioè che ci sono molte evidenze che ci possono aiutare a dire sta per arrivare un terremoto, in un ambiente estensionale come il nostro».

DA QUESTI tre episodi si può dedurre che i progressi compiuti nella conoscenza della sismicità italiana potrebbe consentire di ridurre drasticamente, se non azzerare, il numero delle vittime per terremoti se coloro che siedono nella Commissione grandi rischi e ai vertici dell’Ingv avessero le necessarie esperienze e competenze per fornire al dipartimento di Protezione civile le giuste informazioni. Si nota anche che, solo per il terremoto aquilano, i sismologi allora in carica hanno evidenziato la grande pericolosità della zona ben prima che venisse colpita: due comunicati scritti prima del sisma oltre a dati, mappe e informazioni fornite nella riunione del 31 marzo. Niente è stato fatto per gli eventi del 2012 e del 2016 benché i tre presidenti che dal 2011 si sono succeduti alla guida dell’Ingv avessero dichiarato, riferendosi al terremoto aquilano, che avrebbero fatto molto meglio.

Tuttavia, prima dei terremoti del 2012 e del 2016, insieme alla commissione Grandi rischi non hanno dato indicazioni di sorta. Giustificano le loro gravissime omissioni invocando il processo aquilano: non vogliono esporsi a rischi di natura legale. Un modo non molto elegante per spiegare la loro... impotenza.

di ENZO BOSCHI, *geofisico, già presidente Ing e Ingv