Martedì 16 Aprile 2024

Terremoto, la rivincita del modello L'Aquila

Sisma, aiuti, ricostruzioni. Tra Amatrice e L'Aquila vince il modello Berlusconi. Viaggio sui luoghi dei due disastri

La zona rossa di Amatrice il 27 giugno

La zona rossa di Amatrice il 27 giugno

Roma, 3 luglio 2017 - Da Arquata del Tronto ad Amatrice all’Aquila, tre regioni e due terremoti a confronto. Ci voleva l’esperienza del 2016 per rivalutare gli interventi soprattutto nella fase dell’emergenza abruzzese (per il centro Italia si chiude il 19 agosto). Settanta chilometri lungo la strada delle macerie. Sono ovunque, sono com’erano. Paesi sigillati, silenzio e striscioni di protesta. Li trovi al confine tra Marche e Lazio, «la ri-scossa dei terremotati. Grisciano presente». Perché sotto quelle macerie rischia di rimanere sepolta anche la fiducia dei terremotati nelle istituzioni. Si salvano i sindaci, sfollati tra gli sfollati.

LA RIVINCITA del modello L’Aquila è stampata bella chiara sul volto da abruzzese calmo e tosto di Giorgio De Matteis. «Certo la casa propria è l’ideale. Ma qui dopo il terremoto ci hanno trattato ottimamente. Ricordo che Berlusconi sorrise e ci disse: quando torno voglio vedere tutte piante, un borgo bellissimo. Siamo davvero grati anche al Trentino e a Biondi, che prima era il nostro sindaco».

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VILLA SANT’ANGELO, nel cuore del sisma aquilano del 2009, tragedia da 309 morti e più di 80.000 sfollati. Qui le casette di legno hanno tegole sui tetti, soffitti di travi, pavimenti in parquet, parcheggi e strade. Non tutti i Map – moduli abitativi provvisori, in Abruzzo 2.300 – sono così belli. Ma questo è noto. Meno scontato l’affetto per il Cavaliere, percepito come l’imprenditore che è andato al sodo. Inutile ricordare che «il progetto delle casette in paese è del Comune, il governo ha messo i fondi per le urbanizzazioni, il resto lo ha fatto la provincia autonoma di Trento». Ci mette tutti i dettagli Pierluigi Biondi, che dopo due mandati a Villa Sant’Angelo ha appena strappato il comune dell’Aquila al centrosinistra. Niente da fare: la gente associa le baite alla coppia Silvio-Bertolaso, il capo della Protezione civile «che decideva e comandava. E quando diceva, si fa, cascasse il mondo si faceva».

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ILSE DE MATTEIS, la figlia di Giorgio – si è sposata pochi giorni fa nell’agriturismo di famiglia, il primo matrimonio dai giorni del terremoto a Villa Sant’Angelo – conserva gelosamente la foto con il Cavaliere sorridente, «siamo entrati a vivere qui ai primi di ottobre». Cronologia di fuoco, nel confronto con il sisma dell’anno scorso: il 15 settembre l’inaugurazione del villaggio di Onna, il 29 le prime Case, sigla che sta per complessi antisismici sostenibili ed ecocompatibili, 4.500 appartamenti per 15mila terremotati. Sì, proprio le contestate new town dei balconi crollati. Riabilitate anche loro: soprattutto dopo l’anno scorso, quando hanno ospitato sfollati da Amatrice.

VERO: ci sono inchieste in corso sulla ricostruzione (che hanno colpito anche a sinistra). Eppure: «Loro sono stati abbandonati, noi mai», è decisa la voce di Giuliana dei fratelli Nurzia, la signora del torrone, marchio di una terra così bella che va dritta al cuore. Confronta i due terremoti e non ha dubbi: «Per noi Berlusconi ha fatto tanto. Anzi, nell’emergenza abbiamo avuto persino troppo. Noi eravamo tornati nel nostro locale storico in centro all’Aquila. Ora siamo usciti di nuovo, stanno facendo i lavori. In questo momento stiamo un po’ in sofferenza, mo’ speriamo nel nuovo sindaco. Perché la città si è spopolata, qui in centro storico non si vede più nessuno». Ferita aperta. Come la paura delle scosse, un’altra volta. Un giovane babbo confida: «È un deserto. Nel fine settimana con mia moglie cerchiamo di portare le bimbe fuori. Via da questo vuoto. L’Aquila dopo il terremoto ha fatto schizzare la media nazionale sui consumi di psicofarmaci, lo sapeva? Ci stiamo riprendendo, ce la faremo. Torneremo ad essere un centro bellissimo». Sul sito dell’ufficio ricostruzione c’è anche la data, 2022: meno cinque. Centinaia di cantieri e un fitto di gru: la città ti accoglie così già dall’autostrada. Il centro è affollato di lavori in corso. Nelle stesse strade si specchiano palazzi ricostruiti e case diroccate. Nei conti dell’ufficio ricostruzione, l’avanzamento dei lavori nella parte storica è al 54% (sui 10 miliardi richiesti), all’84% in periferia. Le new town di Berlusconi sono fuori, cemento armato e legno con piastre semoventi, il pavimento si muove, la casa resta ferma. Riconosce un tecnico: «Certo, avevano bisogno di manutenzione, sarebbe bastato individuare un amministratore per ogni condominio».

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MA per capire bene bisogna tornare indietro, all’inizio del viaggio. Settanta chilometri più a nord, oltre dieci mesi dopo le prime scosse del 24 agosto. Arquata del Tronto, nel cuore devastato di quel sisma, è un cantiere (in ritardo). Persino Renzi ha dovuto riconoscere: «Nelle Marche sono indietro». Le casette ordinate in tutto il cratere sono quasi 3.800, quelle consegnate appena 344. Il villaggio di Borgo ad Arquata è ancora per aria, «saremo pronti a fine luglio», la previsione del sindaco Aleandro Petrucci. Giù lungo la Salaria, proprio sotto le rovine di Pescara – eccole lassù, un quadro irreale che incombe sulla strada –, si sta ancora lavorando agli allacci, «ci siamo quasi», avvisa il primo cittadino. Che poi aggiunge: «Non ho fatto in tempo a verificare ma qualcuno ci dorme lo stesso, così mi dicono». Alfonso non ancora. Aspetta acqua, luce, gas. Sospira: «Ho 60 anni, ci morirò». La sorella ha un alloggio da famiglia numerosa, gli scatoloni ancora da aprire. Su uno c’è scritto, dentifrici e spazzolini. Qui la vita è ancora in prestito.